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Terra madre (patria)

Pubblicato il 3 Feb 2015

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Sono 30 anni che viaggio tra il centro e il sud-est d’Italia. Il rapporto con questa terra madre (patria) è ambiguo, contraddittorio: dolce amaro, tenero duro, di desiderio e fuga, di riconoscimento e estraneità.

Da alcuni anni il viaggio verso Oria ha assunto strane sfumature: intanto mi chiedo se è viaggio di andata o viaggio di ritorno. E poi a volte mi sembra che il vero piacere consista più nel viaggiare verso… che nell’arrivare a….

Perché durante il viaggio riesco a creare dentro di me un’anticipazione di odori, colori, sapori, suoni, sensazioni tattili che mi stupisce ogni volta; è un mondo interno che la dimensione di non luogo dell’atto del viaggiare fa emergere con nitida intensità. E allora, benché sia in viaggio, sono tornata alla mia spiaggia preferita, dove sento la calda sabbia dorata sotto i piedi, l’acqua fresca trasparente lambire la pelle, l’odore forte di iodio pizzicarmi le narici, il sapore salato del mare sulle labbra, la piacevole spossatezza del corpo dopo una lunga nuotata e lo scintillio dello Jonio sotto il sole abbagliante … la luce … quella luce che pervade ogni angolo di mondo senza ombre senza sfumature. Dove tutto semplicemente è.

Oppure sono tornata in campagna a calpestare la terra rossa e fertile che nutre distese di olivi dagli enormi tronchi contorti, quasi le vedo le maestose chiome grigio-verde agitate dalla tramontana o immobili quando soffia (non soffiando) lo scirocco e l’aria è ferma, sospesa in un velo d’afa che rende tangibile persino l’incessante frinire delle cicale. Ecco … ora passeggio tra le vigne gravide di grappoli di uva nera e uva bianca. Solo a scriverne sento sulla lingua il sapore verde e croccante dei chicchi non ancora maturi! E poi mi arriva l’odore caldo dolcemente speziato dei fichi: i miei preferiti sono quelli con la buccia scura e il frutto rosso rubino …. che delizia mordere quei mille filamenti morbidi e gonfi di granelli zuccherosi!

Dal diario del 23 marzo 2013

Stamane sono arrivata a Oria da Perugia viaggiando in pullman. È buffo, ma mi sembra di essere arrivata in Salento già prima di partire. Per via dell’accento dolce aspro che sento risuonare nelle parole delle compagne e dei compagni di viaggio, degli autisti. Io un po’ l’ho perso questo accento, a volte mio fratello Giovanni mi rimprovera …. dice che parlo perugino!

Ma non ho dimenticato il mio dialetto – lingua madre – che adoro parlare non solo con i miei, anche con Fabrizio lo parlo, ormai dopo tanti anni lo capisce. A volte ci sono cose che non possono essere dette se non in quella lingua antica, istintiva, immediata. Lingua madre, per l’appunto, che mi ha fatto nascere nei pensieri, nei sentimenti. Nelle parole per dirli.

Sto divagando…ieri notte mi sono addormentata in Umbria e oggi mi sono svegliata appena prima di Taranto … è stato stupendo: già alle 5.30 c’era tanta luce, il sole sorgeva e il paesaggio salentino con i suoi spazi aperti, le distese di olivi, i mandorli fioriti, i campi verdissimi che non finivano più, mi ha dilatato il cuore e fatto sorridere. È bello tornare a un luogo familiare e nuovo nello stesso tempo. Una volta arrivata a casa di mamma, ho persino goduto del momento di fare la spesa, nell’ascoltare il tipico vociare di bottega, un po’ grezzo, ma autentico. Da una finestra usciva l’odore stuzzicante e delizioso delle polpette fritte e del sugo. E poi, diversamente da Perugia, qui l’aria è già tiepida e profuma di primavera.

È una sensazione meravigliosa godere delle cose note come se fossero nuove. Solo la distanza mi permette questo. Solo l’andare e il tornare. Se vivessi lì da sempre non me ne accorgerei neppure. Non potrei abitare a Oria, ma se per qualche giorno interrompo il mio quotidiano, rivivo, ritrovo questi piccoli agganci con la mia vita di prima e mi stupisco.