Per un motivo o per un altro passo molto tempo nelle stazioni, negli aeroporti, sui treni o semplicemente in giro. E qualche volta mi piace fare questo gioco, mi fermo a osservare le persone e immagino i loro nomi, le loro vite, cosa si stanno dicendo, cosa stanno pensando. Credo che per uno scrittore non ci sia niente di meglio che studiare la quotidianità e quali sono gli eventi che modificano e irrompono nel normale flusso degli eventi di ognuno. […]
Gli anni ’10 del XXI secolo sono giunti al termine. Ci hanno regalato qualche perla preziosa e qualche cosa che sarebbe meglio dimenticare. Oggi però voglio parlare di una piaga che da qualche tempo a questa parte si sta dilagando nell’industria cinematografica (e non solo) e che mi sta facendo rivalutare in modo molto negativo vari miti e idoli della mia infanzia: la pigrizia intellettuale delle sceneggiature.
Il cielo illumina fiocamente le iridi nere della donna, riflettendo le sue nubi grigie negli occhi di lei. Il naso è rivolto all’insù, la donna chiede risposte a ciò che è molto oltre le nuvole. L’asfalto è un bricolage di specchi d’acqua, di immagini raddoppiate dove l’alto diventa il basso e viceversa. Il cielo piange una lacrima di pioggia sul viso di lei che invece di lacrime non ne ha più.
Mi sveglio ancora una volta nel buio pesto. Non so da quanto tempo sono qui, non so se fuori è giorno o notte. Sono incatenata al muro da così tanto che mi sanguinano i polsi. Ormai ci sono diversi strati di sangue rappreso. Ho smesso da qualche tempo di agitarmi al risveglio: è del tutto inutile.
La luna ride un ghigno ferino, stanotte. Sembra una di quelle serate in cui non si può proprio fare a meno di giocare con la sua faccia storta. Sarebbe bello potersene andare a spasso, a piedi nudi nel fitto del bosco, scivolare silenziosi come ninfe tra un cespuglio e l’altro, con l’umidità delicata dell’erba fresca. Sarebbe bello spalancare gli occhi nel buio come un gufo e scrutare attentamente ogni centimetro di terreno alla ricerca di una possibile preda e […]
Seduto sulla sedia, sguardo fisso su un punto del tavolo. I palmi delle mani a coprire le orecchie. Busto dondolante che si trascina la testa ogni volta che cambia direzione. Avanti e indietro, avanti e indietro. Preme ancora di più sulle orecchie. Bisbiglia: «Non ora.» Poco più di un sussurro. «State zitti, state zitti.» Ispira quando il busto va indietro e parla quando va avanti. Dondola il busto, dondola la frase. «State zitti. State zitti.» Siamo tuoi amici, Alex. «State […]
La solitudine è una condizione difficile. Innanzitutto, perché la società insegna che è qualcosa di negativo, e dunque l’individuo percepisce di essere sbagliato se è solo. In secondo luogo, al giorno d’oggi la solitudine vera è pressocché impossibile da trovare o da raggiungere: internet e i social non ci lasciano mai davvero completamente soli. E in terzo luogo non è nella natura dell’essere umano, la solitudine. Eppure è l’unico modo per conoscere sé stessi, per capirsi e per accettarsi davvero. […]
Ai tempi dei social tutti si sentono in dovere di dire qualcosa quando la tragedia colpisce dritta in faccia. Messaggi di solidarietà, prese di posizione, sciacallaggio mediatico e così via. Ma io credo di far parte degli intellettuali, e contrariamente agli altri, gli intellettuali hanno il dovere più che il diritto di dire la propria. Il problema è che in queste situazioni che diavolo volete che ci sia da dire? Io ho ventidue anni e sono umbra, ternana per la precisione. […]
Non riesce a muoversi: pare che le funi che lo stringono alla sedia lo vogliano segare ad ogni movimento del corpo. Non riesce ad aprire gli occhi: ogni tentativo è inutile e soprattutto doloroso. Tutto quello che ha davanti è una sottile striscia sfocata e in penombra, che non gli permette di veder arrivare un altro deprecabile colpo, duro, veloce, preciso, come tutti gli altri finora. La testa gli esplode in chiazze di luce e di dolore. Passano alcuni secondi […]
Paolo fa l’ultimo nodo con una smorfia finta. «Et voila!» esclama, mentre mostra ai bambini la sua creazione. «E ora come lo chiamiamo questo cagnolino?» Si tocca più volte il naso rosso. Fissa ogni viso, uno per uno, e si ferma su quello di Diego: il sorriso con un dente in meno, il volto solare, testa liscia e riflettente, occhi celesti, grandi, enormi – sarebbe facile perdersi* in quelle pupille, se solo qualcuno le osservasse per un paio di secondi. […]