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Sopravvissuto

Pubblicato il 15 Mar 2020

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Il fumo della sigaretta saliva in alto fino al condotto dell’aria, sul tavolo bianco erano appoggiati il posacenere e le manette del prigioniero.
“Quindi? Come ha fatto a fuggire?” Chiese l’ufficiale, arrabbiato per tutte le domande che aveva rivolto al prigioniero che erano rimaste senza una risposta chiara.
“Gliel’ho già detto e ripetuto fino allo sfinimento. Mi sono risvegliato qui, nella Tesei.” Rispose l’accusato con aria stanca.
“L’intera area era già sigillata, non è possibile che sia evaso così dal nulla”.


“Non lo so nemmeno io, mi sono ritrovato qui all’improvviso.”
Dalla vetrata della stanza che Ics aveva alla sua destra si intravedeva il secondo reattore della Tesei che sembrava poter toccare di striscio il pianeta sotto di sé. La grande sfera blu e gialla galleggiava immobile nello spazio nero.
”Non mi prenda per il culo. Signor…“ l’ufficiale si mise a sedere di fronte a lui “…Ics. Signor Ics, le do ancora qualche minuto per poter spiegare, altrimenti verrà sbattuto in cella e considerato una spia. Mi stia bene a sentire. Non ho viaggiato da un capo all’altro della galassia per perdere tempo a sentire le sue stronzate. Rifletta bene a quello che sta per dire e risponda alle mie domande. Come diavolo è riuscito a sopravvivere a quello che è accaduto e come è riuscito a salire sulla TESEI?”
” Mi prende per il culo!” Gridò Ics “Gliel’ho gia detto! Non lo so! Volevo solo fuggire da quel posto di merda! Non ricordo come ho fatto, ricordo di aver corso percorrendo l’ala Nord dell’impianto. Lo sa che cosa ho visto? Non ne ha la minima idea!”
“No infatti…” Continuò l’ufficiale “lei è riuscito a fuggire… I dati della Longinius ci dicono che l’ala Nord era bloccata dal sistema di sicurezza. Poteva essere sbloccata solo dal computer principale dell’impianto o dal personale di sicurezza. Se lei mi ha detto che li ha visti morire con i suoi occhi significa che qualcuno dall’esterno deve averla fatta uscire, deve averla aiutata. Allora CI DIA I NOMI!” Gridò.
”NON C’E’ NESSUN NOME! Lo capisce che non mi ha aiutato nessuno? Possibile che sono l’unico stronzo che deve essere interrogato? Sono due ore che siamo qui!” Ics era stanco, aveva speso tutte le ultime energie rimaste a gridare e aveva perso la voce.
”Signor Ics! Non c’è nessun altro, è l’unico superstite dell’incidente. Mi vuole dire perché sta mentendo? Chi vuole proteggere? Per chi lavora?” Gli occhi dell’ufficiale erano diventati quelli di un lupo affamato in cerca della sua preda. ”Parli! Parli o la spedisco in cella.”
”Posso avere un bicchiere d’acqua?” la voce flebile del prigioniero si disperdeva nella stanza come se fosse stato in una bottiglia di vetro.
“No.” Rispose secco l’ufficiale.
”Senta, io non sono una spia. Non sono uno scienziato. Non facevo parte dell’impianto né ero a conoscenza degli esperimenti che facevano…
Come a voler fare un gesto caritatevole l’ufficiale offrì una sigaretta a Ics ma lui non accettò. “Si occupava della manutenzione?”
“No… no… no… Ma mi ascolta quando parlo? Io non sono mai stato su quell’impianto. Ci sono finito…oggi!”
“Ascolti“ lo Incalzò l’ufficiale, con in mano un tablet: lo schermo luminoso del dispositivo mostrava una pagina piena di dati “Non risulta nessun imbarco col suo nome dalla Stazione Spaziale Longinius, così come nessun atterraggio di emergenza registrato dal sistema di sicurezza”.
”Già… mi hanno trovato sulla superficie del pianeta.” Ci fu un lungo sguardo, i due sembravano provenire da mondi differenti. L’ufficiale aveva una divisa militare verde, le medaglie appese al petto a sottolineare gli onori militari, la carnagione scura e un cappello da ufficiale militare, bianco che stonava molto con la sua testa rasata. Proveniva da lunghi anni di addestramento passati ad interrogare persone come Ics. Dall’altra parte, il volto pallido e stravolto, i riccioli scuri dei capelli sudati, l’equipaggiamento da astronauta lacero di uno sgargiante colore arancione mascheravano lo sforzo infinito di Ics di tenersi in piedi.
”Va bene… non c’è altro da dire. Guardie: portatelo via.”
L’ufficiale si alzò ma Ics urlò: ”MI DIA RETTA UN SECONDO , PER DIO!” Per un attimo la voce sembrò tornargli normale, quanto avrebbe voluto quel bicchiere d’acqua. ”Mi stia bene a sentire: sono stato trovato poco tempo prima del contagio… una spedizione di ricerca mi ha visto brillare in una luce verde, o almeno è quello che ho capito io ascoltandoli mentre parlavano via radio con il personale di sicurezza dell’impianto. Dai loro sguardi sembravano esserne parecchio sorpresi”. Gli occhi di Ics erano come due fessure molto strette.
”Continui!” L’ufficiale si accese nervosamente un’altra sigaretta “Voglio vedere fino a dove vuole arrivare con le sue stronzate!”
”Mi sono trovato su questo pianeta,…”
”Sì, sì… me l’ha già detto. Ora se adesso avessi altro tempo da perdere le dovrei ricordare che su quel pianeta l’aria non è respirabile e la temperatura esterna è di -50°. Mi vuole far credere che era da solo, sulle dune di Kyoto-9 , tra sabbia e sassi di ferro a guardare le stelle col naso all’insù. Lei o è una spia o un matto da legare, in ogni caso la farò rinchiudere per sempre.”
”Mi lascia finire o continuiamo con le pagliacciate? Le dicevo…ero terrorizzato, SONO terrorizzato. Non credo che riuscirebbe a capire… io non sono dovrei essere. Stavo fuggendo da certi tipi loschi che erano sulle mie tracce ma non saprei dire perché. Mi trovavo nel parco della città, quelli hanno cominciato a correre e per poco non mi prendevano. Poi è comparsa quella luce verde… sono riapparso qui. Non posso descrivere la paura che ho provato in quel momento, eppure respiravo, mi muovevo con naturalità. Per questo non capivo perché la squadra che mi catturò avesse le tute, pensavo facessero parte di una qualche organizzazione militare. Ho anche pensato che non fossero umani. Di certo è stato un sollievo quando si sono tolti i caschi all’interno della base, soprattutto perché parlavano la mia lingua.”
L’ufficiale scoppiò in una risata: ”Povero, le fanno paura le tute degli astronauti…”.
”Continua a non credermi!”
”Certo, certo, le credo, continui….” disse l’ufficiale guardando per aria con aria sarcastica.
Ics continuò: “Mi presero e mi portarono dal capo della sicurezza, o almeno questa doveva essere l’intenzione…”
”Ma quindi conosce il giapponese?” chiese l’ufficiale, stupito ma come se quel dettaglio rivelasse la verità, come se a forza di scavare avesse trovato la crepa che poteva far crollare tutte le difese dell’accusato.
”Cosa? Niente affatto!” Ics sentì dentro di sé di stare perdendo il filo logico
”…e poi? ” insistette l’ufficiale con le sue dita che martellavano incessantemente sul tavolo.
”Credo, non ne sono sicuro al cento per cento, credo che stavamo percorrendo il cortile interno dell’ala Ovest dell’impianto, quando alla scorta arrivò un messaggio di allarme. Intuii che fosse da parte del loro capo”.
”Il loro capo? Intende il capo progetto?”
”Immagino di sì… era ferito, così diceva. Sentivamo anche in sottofondo il suono dei fucili che sparavano…”
”Sparavano a chi?”
Ics chiuse gli occhi ”Faccio fatica a descrivere…”
”Vada avanti.” Lo incalzò l’ufficiale.
”Stava cercando di sbloccare le porte dell’impianto ma non ci riusciva, era disperato.”
L’ufficiale allargò le braccia: ”È ovvio che non poteva riuscirci. Questo perché l’impianto è dotato di un blocco di sicurezza. Se succede qualcosa si chiude completamente e dall’esterno è impossibile entrare a meno che non venga ristabilita una connessione sicura con la stazione planetaria, che è l’unica che può scegliere di sbloccarla attraverso l’uso combinato di due codici segreti, da usare contemporaneamente e i due addetti alla sicurezza ne conoscono uno a vicenda.” L’ufficiale riprese fiato poi incalzò di nuovo il prigioniero: “Non mi ha detto che fine ha fatto la sua scorta!”
I due si guardarono, si sentì da molto lontano la voce del computer di bordo dall’interno della nave, poi Ics rispose: ”Morta.”
L’ufficiale si mise le mani in tasca ritirandosi indietro sullo schienale della sedia. Ics intanto continuò: ”Ci siamo ritrovati praticamente immersi nel buio, tranne che nel grande salone. La luce delle stelle filtrava attraverso le enormi vetrate rinforzate, sarebbe stato bello se non avessi visto tutti quei corpi…”
”Persone”. Gli occhi dell’ufficiale lo fulminarono: “Quattrocento persone: ricercatori, uomini della sicurezza, addetti alla manutenzione.”
”Lei parla di persone, io le dico che non riuscirò più a dormire.” Si mise una mano tra i capelli.
”Questo confermerebbe la mia teoria, che lei è o un bugiardo o un pazzo, oppure più semplicemente…”
”Arrivammo all’area centrale.” Ics continuò come se non avesse voluto, di proposito, seguire il suo ragionamento. “C’erano morti dappertutto e i superstiti combattevano con quelli che si rianimavano. Era difficile districarsi in mezzo alla battaglia e capire chi fosse ancora sé stesso, ci trovammo nella zona dell’esperimento quasi per caso. Il capo progetto era già morto, ma prima di morire aveva lasciato acceso il monitor del laboratorio con le procedure da effettuare per il ripristino dell’impianto. Probabilmente si è sentito in trappola e sperava che qualcuno venisse a salvarlo.”
L’ufficiale lo interruppe con fare sarcastico: ”Ah!…tutto qui? Non ha visto nient’altro?”
”No. Ma in realtà non ebbi neanche il tempo di leggere. La stanza si riempì di gas. Sentii che la mia scorta parlava di un’uscita nell’area Nord… da quel momento inizio ad avere dei ricordi frammentati.” L’ufficiale guardò alla sua destra, come se qualcuno lo stesse ascoltando, probabilmente non era venuto da solo. Ics percepì che si stava stancando, presto avrebbe chiamato le guardie.
”Si sforzi di ricordare!” Lo incalzò di nuovo il suo inquisitore.
Ics si mise una mano tra i capelli, massaggiandosi la testa: ”Alcuni membri della scorta divennero anche loro come quegli esseri, uno dei loro compagni vomitò sangue sul volto di un altro per poi staccargli un braccio a morsi. In poco tempo mi ritrovai inseguito da tutti loro.” Da fuori, attraverso la vetrata, si vide arrivare un astronave proveniente dallo spazio profondo. Lo scudo bluastro della Tesei si materializzò per un istante attorno al reattore numero due.
“Non credo di aver mai corso così tanto in tutta la mia vita”. Nell’atto di ricordare, un rivolo di sudore gli cadde dalla fronte al tavolo: “Solo l’adrenalina, la paura, mi ha permesso di scappare e mettermi in salvo. Ho visto cose inimmaginabili. Persone… cose… che si muovevano… che mi inseguivano. È probabile che solo alcuni siano morti e altri siano rimasti così, perché ne vidi molti altri mentre attraversavo l’ala nord!”
”Questo non è possibile” intervenne l’ufficiale “Non abbiano notizie di movimenti all’interno dell’impianto. Significa che sono tutti morti.” Lo sguardo stupito di Ics: ”Ma come! …Non avete modo di vedere se all’interno c’è qualcuno?” . “Abbiamo eseguito la ricerca dalla Tesei tramite scansione termica, abbiamo anche controllato le telecamere a circuito chiuso ma il sistema di sorveglianza ha completamente oscurato tutto e non ci permette di vedere nulla”.
”Mi state dicendo che non riuscite a vedere che lì sotto c’è qualcosa?”.
”NO. E’ per questo che abbiamo avviato una missione di salvataggio, vogliamo entrare e scoprire che cosa è successo. Non possiamo permettere che i nostri prototipi finiscano in mani sbagliate”. Ics sbattè i pugni sul tavolo, facendo cadere il posacenere: “Siete Pazzi!”
L’ufficiale si alzò, si avvicinò alla grande vetrata e con le mani dietro la schiena guardò fuori, come a contemplare lo spazio profondo, la Tesei, la stanza, il momento. Poi, come se tutto quello che vedeva fuori fosse solo una piccola parte del suo ragionamento a confronto, si girò e con uno sguardo compiaciuto e fiero di sé, disse: ”Mi stia bene a sentire! L’idea che mi sono fatto io è questa: un esperimento del capo progetto è andato nel verso sbagliato, innescando una serie di incidenti. Questi incidenti hanno attivato il sistema di quarantena dell’impianto. Abbiamo sconfitto i Fuggitivi dell’impero Proxariano almeno due secoli fa. Invece credo che lei sia una spia dei Caduti, è riuscito a manomettere il sistema satellitare della stazione che si trova all’esterno e ha fatto partire il sistema di sicurezza facendo, in questo modo, uccidere tutti. NESSUNO poteva conoscere l’esatta ubicazione di quel luogo, nessuno sicuramente può finirci per caso. E’ IMPOSSIBILE. VOLEVATE impedirci di sviluppare le NOSTRE armi, luridi vermi… ma è finita adesso, verrete schiacciati tutti come abbiamo fatto con le colonie ribelli di Marte. Voi e il vostro fottutissimo sistema solare.”
”…ma che cazzo sta dicendo, non ci sto capendo nulla” Ics si alzò, completamente stupefatto.
”Basta così! Vada al diavolo! FUORI!”
L’ufficiale con un gesto fece entrare le guardie nella stanza che lo presero lo spinsero a forza in cella, non prima che queste lo percossero con calci e pugni. Sdraiato prono sul pavimento, intontito cercò con lo sguardo un angolo dove poter rigettare, non ci arrivò. La puzza del conato di vomito gli risalì nelle narici e quasi non lo fece rigettare di nuovo ma resistette e provò a calmare il suo respiro. La stanza era fredda e grigia, isolata dal resto del mondo. Una misera coperta gli fece intendere che quello doveva essere il suo letto. Almeno, pensò, non l’avevano ancora ammazzato. Ma d’altronde, che cosa poteva fare. Chiuse gli occhi: vide quelle creature… no, non poteva rimanere lì. Non ne era sicuro e non ci sperava, ma di lì a poco sarebbe potuta finire molto peggio. Cosa sarebbe successo se quei mostri fossero riusciti a infettare anche i membri dell’equipaggio della Tesei… Nel corridoio una luce si spense per un breve attimo. Un brivido gli attraversò la schiena. Forse era già tardi.

Giulio Luciani