E’ finita.
La musica aumenta il ritmo nella parte finale, mentre il vento trascina le foglie e i granelli di polvere che mi sbattono addosso, una pioggia di pietra che urta contro la mia camicia a quadri che svolazza impazzita come una bandiera, sono sotto il cielo arancione di un sole rosso che tramonta sull’asfalto.
Il volume della musica aumenta ancora. E’ quasi finita, sento le chitarre che piangono e i tamburi che sbattono, i piatti che fremono e il basso che pulsa. Rimbomba nelle orecchie e nella mente fin dentro al cuore…
Mi riprendo un attimo. E’ notte fonda in camera. Il silenzio esterno delle cuffie è interrotto solo dal rumore che fanno i pulsanti della tastiera quando sbattono sotto ai colpi martellanti delle dita che scrivono.
La luce spenta del lampadario illumina i miei pensieri opachi, fantasmi di una realtà ancorata ad un futuro che sembra non esistere. Le tracce scorrono, la musica prosegue e io sono ancora qui, viaggiatore instancabile dei giorni che avanzano… avanzano e non finiscono mai come un naufrago che sta imbarcando acqua. Una meta senza fine, prigioniero di una nave che va alla deriva verso oceani sconosciuti. In quest’odissea ho provato a barattare la mia libertà con il tempo da dedicare alla mia persona. Un disastro. Mi sono attorcigliato su me stesso in balia delle mie paure. Una sbronza forte che non mi fa dormire. E poi lo sento, comincio ad odiare tutta la struttura. Odio il pavimento di mattonelle gialle, il rumore delle urla dei figli dei vicini, la montagna che è sempre uguale e sempre grigia che vedo dalla finestra, persino l’odore della mia pelle pallida e ammuffita.
Riemergo da questo limbo quando mi riempio di schifezze sulla tavola da pranzo o quando guardo fuori, sul giardino, fissandomi su un ciliegio fiorito e sui fiori gialli, bianchi e blu.
Mi capita di guardare lontano, di strabuzzare gli occhi, di sognare di camminare così tanto da farmi venire male alle gambe.
E poi, alla fine, tornare a casa giusto in tempo per i titoli di coda. Ma non è come nei film , quel sole rosso che immagino la notte non svanisce , fa il giro del mondo, ancorandosi ad una realtà che ci vuole sempre vigili, anche nel buio.
E corre il tempo e corre la notte, ma io non dormo, non voglio dormire, non voglio svegliarmi di nuovo nell’attesa di essere ancora in piedi, nel cuore della notte.
Eppure, attraverso la musica, sono eretto contro il cielo che a poco a poco si spegne, uccidendo la mia ombra che nell’oscurità mi abbandona e mi ricorda che è nelle stanze della mia prigione che ho perso.
Ho bisogno di vedere ancora quella strada che sogno e che mi lascia scegliere una direzione.
Come un personaggio in cerca di autore, arriva un’altra canzone; il vento soffia forte e la luce del sole risplende sul mio volto. Finirà anche questo viaggio… ovunque la strada mi condurrà.
Giulio Luciani