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SULLE CASE STREGATE

 

La luna ride un ghigno ferino, stanotte. Sembra una di quelle serate in cui non si può proprio fare a meno di giocare con la sua faccia storta. Sarebbe bello potersene andare a spasso, a piedi nudi nel fitto del bosco, scivolare silenziosi come ninfe tra un cespuglio e l’altro, con l’umidità delicata dell’erba fresca. Sarebbe bello spalancare gli occhi nel buio come un gufo e scrutare attentamente ogni centimetro di terreno alla ricerca di una possibile preda e poi spiccare il volo ammantati dalle tenebre, con gli occhi arancioni giganteschi e minacciosi come finestre lampeggianti di una casa stregata. E invece no. Invece la luna si prende gioco di me, beffarda, con quel sorrisetto da gatta smorfiosa; mi deride perché non posso uscire da qui, da queste quattro mura che sanno di muffa e di marcio. Sapete, io detesto questa casa. Ma è casa mia. Da generazioni. E una casa non può essere solo un posto in cui ti trasferisci e metti su famiglia. Può esserlo per chi non ha un passato cui appartiene. Ma non per quelli come me. Casa, per quelli come me, è il luogo in cui si sono consumate tutte le tragedie della propria vita. Non sono i momenti felici ad avere importanza, o meglio, ci si rende conto che si era felici in situazioni che di felice non avevano nulla. È la malinconia. Sì, la malinconia è la sensazione più comune per chi vive storie come la mia. Quando si possiede una casa così, in realtà è più la casa a possedere te che non il contrario. Vi siete mai chiesti perché nelle vecchie case grandi accadono sempre cose terribili? Perché ci si sente a disagio o addirittura minacciati? Perché case così hanno un’anima. Una storia. Ogni trave, ogni stipite, ogni finestra forma la personalità della casa. In un posto del genere bisogna tener conto anche di questo. Le case sono membri della famiglia. Sono come persone. E le persone, di tanto in tanto, hanno fame, e devono mangiare. Vi starete chiedendo di cosa ha fame una casa. Semplice: di chi ci vive.