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Pubblicato il 20 Lug 2022

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La sua aracnofobia stava decisamente peggiorando, doveva ammetterlo.

Lasciò cadere sul comodino la torcia con cui aveva minuziosamente controllato sotto al letto che non ci fossero quelle bestie immonde e sospirò guardandosi intorno. L’aria della camera era ancora satura dell’insetticida che aveva abbondantemente spruzzato pochi minuti prima. Avrebbe dovuto aprire la finestra prima di andare a dormire, lo sapeva, ma questo avrebbe significato, da lì a breve, ricominciare tutti i controlli da capo.

Le zanzare le odiava cordialmente, le falene gli facevano disgusto, le mosche erano schifose per natura… ma tutte quelle bestiacce le avrebbe potute ancora sopportare. I ragni no.

I suoi incubi, purtroppo sempre più frequenti, erano popolati di esseri con otto zampe di ogni dimensione che lo assalivano.

Quando la sua aracnofobia non si era ancora trasformata in una vera e propria ossessione aveva acquisito ogni possibile informazione riguardo al regno degli aracnidi. Sapeva quante uova poteva deporre una Vedova Nera; sapeva che il Golia Mangiauccelli, ovvero la gigantesca tarantola Theraposa Blondi dell’Amazzonia, poteva arrivare a pesare duecento grammi; sapeva che il morso del ragno delle banane mandava incontro il malcapitato a un’erezione dolorosissima di quattro ore prima che sopraggiungesse la morte; sapeva che delle infinite specie esistenti solo una faceva la classica ragnatela a cerchi concentrici a cui associamo il concetto stesso di ragno. Sapeva anche che quasi tutte le specie erano innocue o al massimo pericolose come dei grossi calabroni ma, al contempo, era venuto a conoscenza del fatto che l’aracnofobia poteva avere un’origine epigenetica forse risalente a tempi in cui i ragni erano molto più velenosi di oggi o forse più grandi. Quindi aveva lasciato perdere gli psicologi e si era rassegnato alla convivenza con essa; anche se, ultimamente, stava diventando difficile anche recarsi in una toilette pubblica.

Sua moglie, la quale dormiva da tempo in una camera separata della loro grande villa di campagna, sapeva che non gli insetti gli erano antipatici; ma non aveva idea di quanto fosse peggiorata la sua ossessione.

Roberto Di Dio si lasciò cadere pesantemente sul letto con il suo quintale abbondante di peso e contemplò il soffitto immergendosi nei suoi pensieri.

Il giorno dopo sarebbe stato l’inizio ufficiale della sua corsa verso la poltrona a sindaco della città, ma in realtà la vittoria l’aveva ottenuta quando le liste civiche che sostenevano la sua candidatura avevano fatto chinare la testa al Partito Democratico locale che, ormai travolto dalle faide interminabili delle correnti interne, gli aveva dato l’appoggio. Grazie a lui e alla sua fama di uomo onesto e inappuntabile era possibile far tornare alla guida della città una giunta di centro sinistra; anche se Roberto di Dio di sinistra non aveva mai avuto niente, se non la metà del suo corpo.

I suoi anni dedicati all’associazionismo (non certo quello scomodo, ma quello fatto di filarmoniche e fondazioni bancarie) e alla Caritas nel tempo libero avevano dato finalmente i loro frutti. Aveva ottime possibilità di essere eletto alla guida della città e questo avrebbe fatto volare il suo business. Già pregustava il salto del suo livello di ricchezza e di classe sociale.

Si addormentò sorridendo. I ragni lo raggiunsero poco dopo.

Da: www.terniribelle.org

10 gennaio 2023

E così le maschere sono cadute, sappiamo finalmente chi è il fantoccio che la coalizione di centrosinistra (ammesso che questa definizione abbia ancora un senso) metterà alla guida della sgangherata accozzaglia di liste civiche supportate da ciò che resta di un Partito Democratico allo sbando.

Roberto Di Dio è l’espressione perfetta dei nostri tempi: un uomo che non ha mai preso una posizione politica in vita sua. Mai un impegno in un partito perché i partiti sono compromettenti. Mai una parola contro il malaffare, perché i soldi dei palazzinari a cui tiene i conti pagano la sua villa in campagna. Ovviamente cattolico praticante, ma non troppo da non poter fare il cascamorto con le sue segretarie. La cosa gli ha creato anche qualche problema in famiglia, ma sappiamo che ormai dopo Berlusconi neanche i preti guardano più a queste cose. Sempre in allo stadio perché, anche se non ha mai tirato un calcio ad un pallone in vita sua, bisogna tifare Ternana se si vuole diventare sindaco di Terni.

Poi di tanto in tanto qualche obolo alla Caritas! Perché bisogna anche assicurarsi il paradiso… nel caso in cui esistesse davvero!

Per essere eletti oggigiorno l’importante è che si dichiari di voler “cambiare le cose” senza dire una parola concreta su come farlo. E Roberto Di Dio in questo è bravissimo. Vicino agli operai dichiara che l’acciaieria non si deve toccare ma si guarda bene dal dire come vorrebbe difenderla. Vicino ai precari dei Servizi Sociali urla che si deve trovare una soluzione per i loro contratti guardandosi bene dal dire qual è questa soluzione.

Insomma un uomo adatto per coprire il ruolo da buffone che consentirà ai poteri forti di questa città e di questa regione di continuare a fare quello che vogliono, nonostante i tanti scempi, economici, sociali e ambientali che ben conosciamo.

Luigi Trastulli

“E chi cazzo è questo Luigi Trastulli?”

“Tranquillo Roberto, non conta niente… sono quelli dei centri sociali.”

“No io voglio sapere chi è questo stronzo che sa anche cose private sul mio conto.”

“Ma si lo sapremo… abbiamo avviato già i nostri contatti… Luigi Trastulli è un nome falso ovviamente.”

“Perché?”

“Come perché?”

“Perché non si può chiamare veramente Luigi Trastulli?”

“Robe’… Luigi Trastulli è l’operaio morto nei disordini di fronte all’acciaieria tanti anni fa.”

“E che cazzo ne so io?”

“Beh… è ora che ti cominci ad informare, non ci far fare figure di merda, se un giornalista ti chiedesse se andrai o meno alle commemorazioni di Luigi Trastulli poi che gli dici?”

“Gli dico di andare a fare in culo! Lui, Trastulli e i centri sociali. Bisogna pensare a oggi, cazzo! Io sono qui perché non avevate nessun altro presentabile per fare il sindaco, chiaro? Non per diventare un esperto della storia della città.”

“Ma sì Roberto, sta tranquillo, l’importante è che non fai dichiarazioni affrettate e consulti sempre lo staff prima di uscirtene con qualche dichiarazione.”

Di Dio si sedette sulla poltrona negli uffici del suo comitato elettorale, guardò di nuovo il foglio con l’articolo di quel bastardo che non aveva neanche le palle di firmarsi con nome e cognome e scosse la testa.

“Che pezzo di merda, ma lo vedi quello che scrive?”

Giacomo Pertichini si strinse le spalle e sospirò: “Roberto, devi abituartici. Credi che non avrebbero tirato fuori la merda sul tuo conto? E questi sono solo quelli dei centri sociali. Piuttosto, ti ricordo che se hai qualcosa di cui dobbiamo essere al corrente ce lo devi dire, perché sta sicuro che sul tuo passato adesso stanno lavorando i giornalisti. Non farci piombare fra capo e collo degli scoop a ridosso delle elezioni. Hai qualcosa da dirci? Tiri la coca? Vai a troie? Vai con i trans? Ti ho già chiesto tutte queste cose, ma adesso non giochiamo più, è l’ultima occasione. Se hai qualche scheletro dimmelo e cancelliamo ogni traccia, ma lo dobbiamo sapere!”

“Giacomo lo sai… sono un uomo tranquillo. Quella stronza di Elena non mi ha mai perdonato per i messaggini di quella pazza di Giorgia, anche se l’ho licenziata subito. Lo so come funzionano queste cose, non mi sarei mai buttato nella mischia se avessi avuto qualcosa da nascondere.”

“Va bene, allora sta tranquillo. Lasciali parlare e non rispondere mai direttamente.”

“Ok… però devi scoprire chi è questo stronzo che ha scritto l’articolo. Non lo sa neanche mia madre che Elena aveva scoperto la storia con la mia segretaria.”

“Ma si, Terni è piccola. Figurati se non veniamo a sapere chi è.”

Da: www.terniribelle.org

10 marzo 2023

Ed eccolo qua l’integerrimo aspirante sindaco. Quello che non ha fatto mai politica, quello che non è di destra né di sinistra. Del resto son categorie che vanno superate, amico di tutti (soprattutto dei palazzinari), perché lui di certe cose non si interessa.

Nella foto dei simpatici camerati sotto la bandiera del Fuan è il primo da destra, quello con il braccio destro teso come gli altri nel saluto nazista e nella mano sinistra una bottiglia di Jack Daniels, perché il fascismo va bene ma anche un po’ di whisky americano non ci sta male!

Come da sempre vi diciamo: mai fidarsi di quelli che dicono di non essere né di destra né di sinistra. In politica tutto è destra o sinistra. Vuoi i tagli alla sanità pubblica? Sei di destra. Vuoi il welfare? Sei di sinistra. Semplice!

Ma il nostro aspirante sindaco non vuole dirci se in questa città intenda tagliare la sanità o piuttosto tassare i suoi amici che continuano a costruire palazzoni uno di fronte l’altro. Lui preferisce ribadire che fa volontariato alla Caritas. Non una parola sugli inceneritori, non una parola sulla privatizzazione dei trasporti pubblici. E intanto, quando nessuno lo vede, eia eia alalà!

Luigi Trastulli

“Tra il 48 e il 52 percento. Non male.”

Roberto annuì con la testa guardando Piero Rinaldi, addetto ai rapporti con la stampa della coalizione Terni Pulita, poi spostò il suo sguardo ispezionando per l’ennesima volta, in cerca di aracnidi, le pareti e il soffitto di quel locale destinato ad essere base della campagna elettorale per i prossimi mesi. Le sue gigantografie erano già state messe nelle vetrine che davano nel centralissimo Corso Tacito. Quindi si alzò e riempì un bicchiere di carta con l’acqua minerale dal tavolo del buffet.

“Grazie Piero, puoi lasciarci soli un attimo per favore? Devo parlare con Giacomo.”

“Certo! Dai che andiamo alla grande!!!”

Piero uscì dalla saletta riservata dell’ufficio elettorale, Roberto bevve l’acqua e guardò Giacomo. “Te l’avevo detto Robè che non frega più niente a nessuno di fascisti e comunisti. Anzi, l’uscita dalla coalizione di quelli scoppiati della sinistra radicale in un certo senso ci ha anche rafforzato. Adesso pescheremo alla grande fra i moderati del centro destra.”

“Sì, ma il PD non è contento.”

“Ma lascia perdere i burocrati di partito, loro, lo sai, giocano su più fronti… non mirano solo a vincere qui hanno in ballo anche le beghe nazionali… ma che cosa ce ne frega a noi? A noi interessa solo che tu dovrai diventare Sindaco. E possibilmente al primo turno. Se la sinistra non si riorganizza e trova un candidato in una decina di giorni le possibilità aumentano.”

“Però ancora non mi hai trovato questo Luigi Trastulli.”

“Ma cosa te ne frega!” disse Giacomo sbuffando. Si versò un bicchiere d’acqua anche lui, ne bevve un sorso, poi disse: “Comunque avresti potuto dire che eri ubriaco, che era un gioco… o che era una festa in maschera. Invece ti sei messo a rivendicare… aspe’ com’è che hai detto?” Giacomo tirò fuori l’articolo del giornale che aveva conservato e lesse ad alta voce: “Un periodo di impegno politico all’università che mi ha portato a scegliere fra la libertà occidentale e la schiavitù comunista!” Poggiò l’articolo sul tavolo e applaudì ironicamente con le mani: “Bravo! Un capolavoro! Belle parole, solo che adesso ti appoggiano quelli che combattevi allora.”

“Senti…”

“No! Tu stammi a sentire, te l’ho detto una marea di volte: prima di fare dichiarazioni stupide parliamone. Sono o non sono il tuo spin doctor?”

“Giacomo per favore…”

“E per favore, per favore…”

“Va bene ho sbagliato, ma in fondo l’hai detto tu che non conta un cazzo.”

“No, non conta un cazzo, però te lo ripeto ancora una volta: usa la testa. Se un giornalista ti rompe le scatole ed insiste su una tematica di cui non abbiamo discusso prima dici: ‘no comment’. Chiaro?”

“Chiaro.”

“E speriamo che sia chiaro davvero questa volta.”

“Però…”

“Però ti trovo questo Luigi Trastulli, ho capito.”

Da www.terniribelle.org

2 maggio 2023

E così stiamo per consegnare la nostra città nelle mani di una foglia di fico per dimenticare gli scandali di questi anni e continuare a perpetrarli. Non stiamo a farvi di nuovo l’elenco, tanto se ancora non lo avete capito…

Noi ce l’abbiamo messa tutta per farvi aprire gli occhi su chi sono questi “Democratici”. In particolare vi abbiamo parlato spesso del candidato a sindaco Roberto Di Dio, uno che, al di là della facciata perbenista e moralista, in passato non ha esitato a tradire i suoi migliori amici pur di fare un passo avanti nella corsa della sua vita.

Vi riportiamo la testimonianza di G.B. così come ci è pervenuta. La fonte ovviamente è verificata ed è a disposizione di chi la richieda.

Con Roberto Di Dio eravamo amici da tempo, abbiamo condiviso tante cose fin dall’Università. Ed eravamo entrambi candidati alla presidenza della Fondazione Supporto del Volontariato. Ci scherzavamo sempre sul fatto che eravamo in gara l’uno contro l’altro. Poi in un’assemblea della Fondazione, proprio a ridosso delle elezioni mentre eravamo insieme al banco di presidenza a presentare i nostri programmi, entra la guardia di finanza con il cane antidroga. Neanche fossimo a scuola. Io ho sempre fumato l’erba, ma lo sapevano in pochissimi… solo gli amici più stretti, fra i quali, guarda caso, Roberto. Mi hanno portato via davanti a tutti come fossi Pablo Escobar. Fuori c’era un intero reggimento, sia di finanzieri che di giornalisti. Poi mi hanno detto che era stata una soffiata… non ho certo la smoking gun, ma chi altri potrebbe essere stato?

Non riteniamo necessario aggiungere altro, ma già sappiamo che neanche questo basterà a farvi aprire gli occhi su Roberto Di Dio. Anzi! Questa storia gli procurerà altri voti fra gli ipocriti benpensanti. Ma noi parliamo a chi ha i neuroni per recepire, non a chi sceglierà nelle urne di nuovo i poteri forti.

Luigi Trastulli

Roberto era seduto all’american bar di Piazza Clai. L’orologio segnava le 23 e 55 e l’appuntamento era fissato per mezzanotte. Finalmente avrebbe conosciuto il fantomatico Luigi Trastulli.

Guardò il tavolino: c’era una piccola ragnatela fra il piano e la gamba. Si alzò di scatto e cambiò tavolo, stavolta ispezionandolo minuziosamente prima di lasciarsi affondare nella poltroncina.

La cameriera lo guardò con sospetto e poi lo raggiunse alla nuova postazione.

“La sua acqua tonica, signor Di Dio.”

Lo aveva riconosciuto, del resto non era difficile; la sua faccia era su centinaia di cartelloni che tappezzavano la città ormai a ridosso delle elezioni. Poggiò i gomiti sulle ginocchia, e si prese il suo volto fra le mani. I numerosi dibattiti lo avevano messo alla prova; mesi prima non avrebbe mai pensato che sarebbe stata così dura sostenere il peso delle continue domande negli incontri pubblici. Sentì la poltroncina di fronte spostarsi e alzò lo sguardo. La sua attesa era finita.

Guardò il volto dell’uomo che si era seduto. Magro, capelli rasati, occhiali. Sulla sua giacca c’era una spilla con il volto di Che Guevara. Decisamente una decorazione fuori moda.

“Fabio?”

L’uomo non disse niente, si girò verso la cameriera e disse: “Una birra per favore.”

“Fabio? Sei tu?” ripeté incredulo Roberto.

“Certo che sono io! Quindi? Cosa volevi dirmi?”

“Fabio, ma tu sei… Luigi Trastulli?”

“Luigi Trastulli è morto nel 1949, io sono quello che racconta a Terni chi sei tu.”

“Ma, ma… non è possibile! Tu?”

“Io. E quindi? Cosa vuoi?”

“Ma noi siamo… amici.”

Fabio si mise a ridere. Aspettò che la cameriera posasse la birra sul tavolo, ne bevve un sorso e disse: “Certo che hai una strana idea dell’amicizia, Roberto. Quanto tempo è che non ci parliamo io e te?”

Roberto aveva ancora gli occhi sgranati, la domanda lo colse alla sprovvista. “Beh è da… insomma saranno almeno…”

“Sono vent’anni che non ci parliamo, Roberto. Anzi ventitré per la precisione.”
“Così tanti?” Roberto Di Dio cercò di ricordare l’ultima volta che aveva incontrato Fabio ma non ci riuscì., allora fu costretto ad ammettere: “Forse hai ragione, non ho tenuto i conti.”

“Li ho tenuti io. Ventitré, te lo confermo.”

“Ma che c’entra, lo sai… la vita, il lavoro, gli impegni. Io non ti ho mai fatto niente, perché ce l’hai con me?”

“Definisci il tuo ‘non ti ho mai fatto niente’ per favore.”

“Beh… non abbiamo mai litigato!”

Fabio scosse la testa e bevve altra birra.

“Parliamoci chiaro e facciamola breve, che vuoi?”

“Come che voglio? Voglio sapere perché ce l’hai con me, perché mi attacchi in continuazione.” “Perché sei quello che sei: un menefreghista arrivista che mira solo a far soldi.”

“Fabio, non stai scrivendo su quel blog del cavolo ora, perché mi dici queste cose?”

“Perché è vero.”

“No che non è vero! Come fai a dire una cattiveria del genere se sono, come dici tu, venti anni che non mi vedi?”

“Ok non è vero! Allora lo dico perché sono un comunista cattivo e racconto fandonie, va bene così?”

“Fabio, ma cosa ti ho fatto?”

Fabio lo guardò e soppesò per un momento se fosse il caso di andarsene o continuare la discussione.

“Senti, di cosa vuoi che parliamo? Sul perché non siamo amici o sul perché siamo nemici politici?”

“Voglio sapere che ti ho fatto, perché mi tratti così.”

“Allora, ti tratto così perché rappresenti tutto quello che io disprezzo in politica. Sul cosa mi hai fatto ventitré anni fa, io lascerei perdere. Se neanche te lo ricordi non vale davvero la pena.”

“No, adesso lo voglio sapere.”

Fabio girò insofferentemente gli occhi e scosse di nuovo la testa. “Immagino tu non sappia che io e Anna ci siamo sposati.”

“Tu e chi?”

“Ecco, per l’appunto, cosa ne parliamo a fare?”

“Fabio, davvero…”

“Anna! Cristo santo, Anna Rambaldi te la ricordi?”

Roberto ci pensò un momento e poi disse: “Sì, certo Anna che veniva da Roma! E allora?”

“Cosa le hai detto quando lei ti chiese il mio numero?”

“Ma che cazzo ne so… come faccio a ricordarlo?”

“Certo, tu non ricordi… quando ti fanno una domanda scomoda è meglio dire ‘non mi ricordo’, vero? Hai imparato bene dai tuoi geni della comunicazione… comunque, per farla breve, a te Anna piaceva e quindi le consigliasti di non perdere tempo con me perché ero un coglione che non aveva futuro. Ti ricordi adesso?”

Roberto guardò Fabio con gli occhi tristi, poi disse: “Fabio, non mi ricordo davvero. Lei mi piaceva, è vero, ma non mi ricordo di averle mai detto una cosa del genere. Sono sicuro che non ho usato quei termini.”

“Forse. Tu comunque non piacevi a lei, che se n’è fregata dei tuoi consigli ed è diventata la mia ragazza e poi mia moglie.”

“Ma non puoi portarmi rancore per una cosa del genere…”

“Allora non ci siamo capiti, io non ti porto rancore. Semplicemente non credermi un amico perché non lo siamo da ben ventitré anni, chiaro?”

“Ma Fabio, Cristo Santo, siamo cresciuti insieme! Non si può mandare a monte un’amicizia storica per una stronzate del genere!”

“Caro mio, a prescindere che il giudizio sul cosa sia una stronzata o meno è soggettivo, l’amicizia non va a monte solo per questo. Quante volte mi hai cercato in questi ventitré anni? Hai mai pensato di farmi uno squillo, semplicemente per sapere perché non ci sentivamo? Come fai a pensare che una persona ti sia amica se non la senti per tutto questo tempo?”

Fabio bevve ancora dal boccale di birra e sentenziò: “Te lo confermo, hai un’idea deviata sul cosa significa essere amici.”

“Ma per questo ce l’hai tanto con me?”

“Allora non ci siamo capiti. Ce l’ho con te politicamente per tutto quello che ho scritto e ce l’ho con te personalmente perché ti sei dimostrato un pezzo di merda. E faccio quel che posso per provare ad evitare che questa città abbia come sindaco un pezzo di merda. Chiaro?”

Roberto, incredulo, si ammutolì. Fabio si alzò, mise una banconota sul bancone del locale e disse alla cameriera: “Sia ben chiaro, la birra me la pago da solo. E lui, quello che ha preso, se lo paga da solo.”

La cameriera, anche se perplessa, fece cenno di sì con la testa e Fabio uscì dal locale.

Da www.ternionline.it

27 giugno 2023

Lo scrutinio delle schede conferma che Roberto Di Dio con il 51,3% dei voti è il nuovo sindaco di Terni ed è eletto al primo turno. L’alleanza a guida della Lega si ferma al 46,5%. Briciole per i non allineati. Da tempo le votazioni non dimostravano una distribuzione dei voti simile delle forze in campo, quasi degna di un bipolarismo perfetto.

Roberto Di Dio si girò nel suo letto per l’ennesima volta. Aprì gli occhi: la sveglia indicava le 3 e 23 del mattino. Accese quindi la luce e prese il libro sul suo comodino; dopo aver letto le prime righe guardò il muro.

La macchia nera in basso, poco sopra il battiscopa, aveva di certo otto zampe. Si alzò, si avvicinò e la fissò, era un grosso ragno peloso.

Lo osservò ancora per alcuni secondi, poi si infilò le sue scarpe da cinquecento euro che erano accanto al letto e lo schiacciò con il piede destro. Lentamente, facendolo soffrire. Si gustò lo scricchiolio del suo esoscheletro, provando un brivido di piacere.

Quando tolse il piede, la macchia sul muro non aveva più una forma apprezzabile. “Vaffanculo a tutti” pensò, poi si rimise a letto e si addormentò.

I ragni non arrivarono quella notte.