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Il metodo Stanislavskij

Pubblicato il 15 Giu 2021

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Il contest “Ore contate” si è svolto a gennaio scorso, dal seguente incipit di Joe Landsdale, resono noto alle 22 della sera,  i partecipanti dovevano elaborare un racconto (senza limiti di battute o di genere) da inviare entro le 5 del mattino successivo.
“Il metodo Stanilslavskij” di Alessandro Chiometti è stato premiato con il terzo posto.

 

Fare a pezzi il corpo fu più difficile di quanto mi fossi aspettato, ma ero determinato a cucinarlo per la cena tra amici e a fare in modo che i presenti si mangiassero le prove dell’omicidio, insieme a un bel contorno di patate e formaggio.

“NO!”

L’urlo del regista tuonò facendo sobbalzare tutti i presenti sul palco.

“Cos’è questa roba? Cosa stai leggendo il menù dell’osteria? Patate e formaggio amici miei, ci volete anche un po’ di prezzemolo?”

Stelvio Piccini era rimasto a bocca aperta; gli attacchi isterici del regista Kris De Valentinis erano noti, e ne era a conoscenza quando aveva accettato quella parte, ma era certo di aver recitato il suo pezzo ottimamente. Del resto stavano provando da ore e, fino a quella battuta, non aveva avuto nulla da ridire sulla sua interpretazione di Hannibal Lecter.

“Maestro io…”

“Maestro cosa? Maestro cosa? Lo sai chi sei tu?”

Stelvio abbassò le spalle e sospirò pesantemente, era evidente che il regista stava recitando la sua scena madre per rinvigorire la sua fama di perfezionista.

“NON SBUFFARE!” Un nuovo urlo molto più potente del primo risuonò sul palco del Teatro “Pirandello” di Roma. “Con me non si sbuffa è chiaro? Ho preso a calci in culo Luigi Locascio quando ha provato a sbuffare con me, cosa credi che non prendo a calci in culo un pischello appena uscito dal Dams come te?”

Stelvio alzò le mani in segno di resa e abbassò la testa. “Maestro, mi dispiace, se volete suggerirmi come devo intonare questa battuta…”
“Suggerirmi… tzè!” Kris De Valentinis mollò un calcio a una sedia di scena facendola volare giù dal palco “Ti ho fatto una domanda, hai capito chi sei su questo palco?”
“Sono Hannibal Lecter”

“E hai capito chi è Hannibal Lecter?”

“Un serial killer cannibale che…”

“NO!” un nuovo urlo.
La laurea magistrale di Stelvio era fresca di tre anni ed era ritenuto uno dei giovani attori più promettenti della nuova scena romana. Su quel palco aveva recitato già diverse volte sempre con ottimi successi, entrare nel progetto di De Valentinis era un onore e un passo avanti per la sua carriera; ma ora cominciava a capire perché tutti i suoi amici lo avevano messo in guardia dicendogli di armarsi di tanta pazienza.

“Hannibal non è UN serial killer. Hannibal è IL serial killer, è l’archetipo del serial killer. Le stesse parole serial killer dovrebbero essere sostituite con la parola ‘Hannibal’ per indicare chi compie omicidi seriali e rituali. ‘Capo forse siamo di fronte a un ‘Hannibal’ dovrebbe dire un poliziotto quando scopre questo tipo di delitti. È chiaro?”

Stelvio abbassò la testa di nuovo. “Sì maestro”

“Non puoi dire ‘patate e formaggio’ come se fossi di fronte a un cameriere della trattoria è chiaro? Qui devi dire ‘patate e formaggio’ facendo una smorfia, un ghigno, succhiandoti il labbro è chiaro? Devi entrare nel personaggio. Il teatro non è il cinema che puoi ridare la battuta; se dici ‘patate e formaggio’ con questo tono la gente si fa una risata… invece devono provare terrore. TERRORE! Lo capisci?”
“Sì maestro, cercherò di caratterizzarlo e…”
“E di entrare nel ruolo. Devi entrare nel ruolo. Metodo Stanislavskij mio caro… guarda che qui di estraniati non ne vogliamo eh! Tu devi essere Hannibal Lecter. È chiaro?”

“Sì… se vuole riprendiamo da…”
“Non riprendiamo niente. A casa tutti quanti. E domattina tutti qui alle undici zero zero, briefing, prove costume e poi nuove prove generali nel pomeriggio. PUNTUALI!”

**

Lo smartphone produsse un avviso sonoro insieme alla consueta vibrazione. Stelvio mise in pausa il Dvd aprì whatsapp.
Rosy: “Ciao come va?” Una faccina sorrideva e faceva l’occhiolino alla fine del breve testo.
Rispose al messaggio con un altra faccina, quella che mostrava stanchezza, senza aggiungere nulla. La sua compagna di corso all’Unitre, Rosy, era la segretaria di produzione del progetto teatrale, molto ambizioso, di De Valentinis “Hannibal Forever”. Aveva fatto il suo nome al regista, anche se poi era stata la prima a metterlo in guardia su quanto sarebbe stato difficile lavorarci.
Rosy: “Immagino. So che Kris ti ha strigliato oggi eh?”

Rispose con una faccina in lacrime, non aveva voglia di parlare e neanche di scrivere.

Attese qualche secondo, arrivò un vocale.
“Dai non te la prendere, vado a bere qualcosa con la troupe al Forte, ci raggiungi?”

Rispose con una faccina dormiente aggiungendo “zzz” e riprese la visione de “Il silenzio degli innocenti”: era alla scena in cui Anthony Hopkins sporco del sangue del poliziotto che aveva appena ucciso, stava ascoltando una musica sinfonica in una gabbia enorme.
Solo dopo la visione del sequel “Hannibal” e del prequel “Red Dragon” si accorse del messaggio esplicativo “Sei più stronzo di De Valentinis”.
Quindi si gettò sul letto svenendo un paio di ore prima che la sveglia gli ricordasse di dover tornare in teatro.

**

“Mio Dio, mio Dio! Perché mi hai fatto le orecchie se devo ascoltare questo scempio?” mugolò quasi in lacrime Kris De Valentinis.

Anna Pisanu, interprete della detective Sterling si astenne quindi dal dire la sua battuta, abbassò la testa e lasciò spazio all’ennesimo intervento correttivo del regista che si preannunciava ancora più pesante dei precedenti.
Stelvio chiuse gli occhi, anche se ci fossero stati cento altri attori sul palco avrebbe comunque saputo che il rimprovero era tutto per lui; tutto il giorno il regista lo aveva corretto e rimproverato in continuazione. Si tolse la parrucca di capelli grigi, che doveva indossare per recitare le scene con Hannibal Lecter anziano e la lanciò via con rabbia.

“Ehi pischello! Stai calmo eh! Che se qui mi arrabbio io hai chiuso, chiaro?”

“Ma cosa vuole da me?”

“Ma come cosa voglio… te lo dico da due giorni cosa voglio. Voglio che tu sia Hannibal Lecter, come te lo devo dire? Ma come l’hai presa la laurea magistrale se non sai entrare nel personaggio come richiede il metodo Stanislavskij? Stai solo leggendo un copione, questo non è teatro!”
“Io non sto leggendo! Il copione lo so a memoria, è chiaro? E so a memoria anche tutte le battute dei film con Hannibal va bene? E so a memoria tutti i libri di Thomas Harris su Hannibal ‘The cannibal’ chiaro? E so anche che lei quei libri non l’ha neanche letti, vero?
“Che Cosa? Ma Come…”

“No, non li ha letti! Altrimenti non ripeterebbe l’errore dei doppiatori italiani del film quando han fatto dire ad Hannibal ‘mi sono bevuto il suo fegato con un buon Chianti’. Thomas Harris invece nel libro originale scrive ‘Amarone’, perché tutti quelli che capiscono di vino sanno che con il fegato ci va un Amarone e non un Chianti. Errore che lei pretende io debba ripetere in questa messa in scena ‘liberamente ispirata’. Quindi scenda dal piedistallo, presuntuoso che non è altro!”

Il tempo si sospese sul palco e nel teatro. Dalla troupe, che fossero gli attori dietro le quinte, gli operatori di scena, i truccatori, non emerse un fiato. Non avevano mai visto una sola persona che osasse solo rispondere a De Valentinis, figuriamoci uno che lo trattasse a pesci in faccia.

“Bene… hai chiuso pischello sbruffone. Qui a Roma non reciterai più neanche alle recite scolastiche, prendi i tuoi stracci e vai fuori di qui.”

“Ma vada a farsi fottere insieme a Stanislavskij, cialtrone!”

**

Rosy: “Tu sei scemo, ti sei rovinato la carriera, lo sai che cazzo di potenza è De Valentinis?”

Rosy: “Aho! non rispondi?”
Rosy: (Faccine arrabbiate varie)

Rosy: “Sono due giorni che ti chiamo e neanche ti degni di rispondere, vai a cagare.
Rosy: “Comunque Roberto Cossu è il nuovo Hannibal, tu invece sarai il prossimo Babbo Natale alla stazione Termini”
Rosy: “Stelvio non rispondi da tre giorni. Stai bene?”
Rosy: “Stelvio ti sto cercando dalla produzione per motivi di lavoro rispondi per favore, è urgente!”
Stelvio: “Che volete ancora?”
Rosy: “Roberto Cossu è andato via per motivi familiari se rispondi ti spiego tutto…”
Stelvio: “Lavorare di nuovo con quel deficiente presuntuoso di Kris de stocazzo? Neanche morto!”
Rosy: “Rispondi… non te ne pentirai…”

**

“Allora, qui abbiamo….” il suono del telefono interruppe sul nascere il discorso che Achille Fulci direttore del Teatro Pirandello, si era preparato a lungo Alzò gli occhi al cielo, disse un timido: “Scusate” e tirò fuori il cellulare dalla sua tasca portandoselo all’orecchio: “Pronto… sì, salve procuratore… no! Le ripeto che più di quella mail non so cos’altro girarle. Lo so! L’ho capito che Cossu non è arrivato mai dai suoi a Torino… me l’ha già detto, cosa posso fare? Ho chiesto a tutti, di nuovo, personalmente. Qui nessuno l’ha più sentito e del resto aveva fatto con la troupe solo tre…”
“Due!” lo corresse Rosita Banconi (Rosy per i compagni di corso al Dams) seduta di fronte a lui.
“…anzi due prove. Sì, se dovessi avere altre notizie l’aggiornerò subito!”
Chiuse la chiamata sullo smartphone, e poi tornò a guardare le tre persone sedute in fronte a lui.
“Dicevo, ho di fronte a me il più grande regista indipendente di Roma e il più talentuoso giovane attore di Roma. Io sono convinto, come finanziatore del progetto, nonché direttore del Teatro Pirandello, che sarebbe un bene per tutti… soprattutto per gli spettatori e la cultura di questo paese e poi, non lo nego, anche per non buttare via un sacco di soldi già stanziati per le scenografie, per non parlare poi delle dieci date prenotate fra due mesi… insomma sarebbe un bene per tutti dicevo, che voi riusciste a trovare il modo di tornare a lavorare insieme.”
L’ufficio di Achille Fulci era grande ma stracolmo di ogni tipo di materiale scenico, Rosita Banconi seduta nella sedia centrale di fronte alla scrivania del direttore e separava con la sua presenza Stelvio e il regista seduti ai suoi lati. La ragazza si girò verso a De Valentinis come ad esortarlo.
“Beh, caro Achille il fatto che io abbia un pessimo carattere è noto a tutti voi dell’ambiente. Se questo ha portato ad esasperare il nostro giovane attore… che tengo a precisare ho accettato nel ruolo avendolo visto proprio qui al Pirandello in una fantastica interpretazione di Tom Joad, io…. beh cercherò di essere più diplomatico. Penso sinceramente di poter promettere che sarò più diplomatico.”
Prese un poco di fiato e poi ci tenne a sottolineare chi fosse comunque al comando: “L’essenziale è che lui capisca quello che gli sto chiedendo: io voglio sul palco Hannibal Lecter e non Stelvio Piccini. Se lui capisce questo, poi ingranerà quella marcia in più che lo renderà un grandissimo attore. Mi rendo conto che è molto più difficile immedesimarsi in Hannibal Lecter che in Tom Joad… ma credo proprio che sia nelle potenzialità del ragazzo, altrimenti non glie lo chiederei.”
Rosita si girò verso Stelvio che allargò le mani in segno di chiara accondiscendenza. Del resto avrebbe accettato a prescindere visto il raddoppio del cachet.
“Beh, in questi giorni ho ripassato i miei studi sul concetto di immedesimazione secondo Stanislavskij… e lavorare con il maestro De Valentinis ed apprendere da lui è un onore quindi…”
“Quindi è fatta, sapevo che fra persone intelligenti si sarebbe trovato un compromesso!” tagliò corto il direttore.

**

“Avete visto che successo abbiamo avuto? Il pubblico non la smetteva più di applaudire! Quante volte siamo tornati in scena a inchinarci?” Chiese Anna Pisanu ad alta voce mentre la troupe festeggiava la riuscita de “la prima” rimpinzandosi in una spaghettata al ragù dietro le ampie quinte del Teatro.
“Sedici volte! Sedici volte vi hanno richiamato sul palco per applaudirvi! Una cosa mai vista negli ultimi anni!” Dichiarò trionfalmente Achille Fulci, poi si girò verso Kris De Valentinis innalzando un bicchiere di vino: “Kris, allora lo vogliamo fare un brindisi a questo portentoso Hannibal Lecter?”
“Assolutamente sì. Complimenti mio caro!” rispose Kris alzando a sua volta il bicchiere verso Stelvio che rispose prontamente: “Merito vostro maestro!” e partì l’applauso di tutta la troupe.
Poco dopo il giovane attore posò il piatto vuoto al tavolo e infilandosi suo paltò, si avvicinò a Rosy dicendole all’orecchio che l’avrebbe aspettata in macchina per darle un passaggio a casa se voleva, lei sorrise e rispose che non si sarebbe fatta attendere.
Quindi il giovane attore andò verso il maestro De Valentinis che un poco in disparte dagli altri stava scrutando l’etichetta della bottiglia del vino servito. Richiamò la sua attenzione con un colpo di tosse e gli porse la mano, il regista glie la strinse subito.
“Grazie maestro, a domani!”
“A domani, mio caro Hannibal e complimenti. Anche per il delizioso ragù che ha portato!”
“Beh anche quello è stato merito suo, ho seguito la vostra ricetta!”
“Oh no mio caro, in questo caso il merito è tutto della carne. Diamo a Cesare quel che è di Cesare e apprezziamo a dovere le qualità di tutti. Tu hai le qualità per fare l’attore, altri ce l’hanno per diventare un buon ragù.”