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LINEA GOTICA – H.P. Lovecraft, 130 anni di mito

Pubblicato il 20 Ago 2020

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Dopo i maestri storici dell’ottocento come Edgar Allan Poe, Mary Shelley, Bram Stoker preceduti da Walpole e il suo “Il castello di Otranto” il genere horror ha trovato una sua prima struttura corente con l’opera di Howard Phillip Lovecraft.

Si può infatti dire che Lovecraft è stato per l’horror e la letteratura gotica ciò che J.R.R. Tolkien è stato per il genere fantasy.

Lo scrittore di Providence dello stato Usa del New England in soli quarantasette anni di vita (1890-1937) ha segnato profondamente la letteratura ed è una delle sue figure più sfuggenti e difficilmente catalogabili.

Razzista e convinto sostenitore della purezza inglese (secondo lui la guerra dell’indipendenza dalle colonie non sarebbe mai dovuta avvenire), ovviamente di famiglia fortemente reazionaria, disprezzava le rivoluzionarie idee di Marx, Darwin e Freud di cui si diceva sicuro che i loro errori sarebbero venuti presto fuori.

Ma poi, assistendo alla disastrosa crisi del 1929 cambiò quasi totalmente idea, appoggiando il New Deal di Roosevelt e ipotizzandosi anche favorevole anche ad un Partito Socialista illuminato.

Convintamente ateo, nelle sue opere la divinità ricorre in modo frequente ma sempre sotto la veste di dei malvagi, conquistatori o divoratori di mondi. Sono i  “Grandi Antichi”, termine conosciuto da  ogni horrorofilo; immonde e immense divinità del passato intrappolate nel pianeta Terra o nel nostro sistema solare dai cosiddetti “Dei Esterni”, entità ancora più potenti ma anche queste non certo human-friendly. Questa cosmogonia rappresenta evidentemente tutto il disprezzo dell’autore verso ogni tipo di devozione ad esseri superiori.

Il terrore ancestrale suscitato dall’ascoltare le sue descrizioni, sempre assolutamente incomplete, di Chtulu e degli altri Grandi Antichi rappresentano l’apice, forse inarrivabile, della paura suscitata dal non detto. H.P. Lovecraft in molti suoi racconti lo fa dire esplicitamente ai suoi protagonisti “Non te lo posso dire cosa ho visto, altrimenti impazziresti anche tu”.

Questa formula è ripetuta più volte: dal terrificante racconto I topi nel muro al geniale Le montagne della follia. Ma il mio racconto preferito forse è Il modello di Pickman in cui uno scrittore dipinge cose così tremende da suscitare molto più dell’orrore in chi li guarda. In questo racconto breve (tipo di narrativa che Lovecraft predilige) un ex mecenate di Pickman, artista maledetto autore di opere mostruose ma ipnotiche e apprezzatissime dall’annoiata borghesia londinese, racconta ad un amico perché abbia smesso di frequentarlo. E così racconta di una discesa mostruosa nelle profondità di Londra per vedere dove l’artista dipingeva i suoi quadri, e fra quel che aveva intravisto nell’oscurità e quel che si era sforzato di dimenticare il mecenate aveva scoperto che i mostri di Pickman abitavano realmente il sottosuolo.

L’influenza di H.P. Lovecraft sulla letteratura horror è illimitata, forse non c’è scrittore o regista del genere negli ultimi cinquant’anni che non metta Lovecraft fra i suoi punti di riferimento. Basta pensare al Necronomicon: lo scrittore di Providence inventò di sana pianta questo “libro del male” con i cui versi, si potevano evocare demoni e mostri di ogni tipo. Lo attribuì ad un arabo pazzo e citò alcune biblioteche che ne conservavano rarissime traduzioni, mentre l’originale era stampato (ovviamente) su pelle umana. Considerando quante volte è citato in opere letterarie e cinematografiche e le leggende alimentate da Alister Crowley e altri giornalisti spregiudicati che collegavano il padre di Lovecraft alla massoneria egizia e quindi, niente di meno che a Cagliostro, oggi è a tutti gli effetti uno pseudobiblion. Ovvero un libro mai esistito ma sempre citato come vero.

Dai film che lo omaggiano esplicitamente come La Casa di Sam Raimi o Ghostland di Pascal Laugier, a quelli direttamente ispirati da lui come L’aldilà di Lucio Fulci o La città dei morti di Richard Corman; dalle citazioni disseminate nelle opere di S. King e N. Gaiman fino ai pezzi a lui dedicati dai Metallica agli Iron Maiden; l’horror moderno senza Lovecraft sarebbe stato completamente diverso.
Chiudo con un film che omaggiandolo ne rispecchia la genialità, ovvero: Quella casa nel bosco che è probabilmente l’horror più geniale degli ultimi decenni. Chi non l’ha visto per via del titolo (volutamente banale e già sentito) non può immaginarsi cosa si perde.