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La linea gotica – cosa vuol diventare Michael Myers da grande?

Pubblicato il 9 Dic 2021

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Nel cinema horror ci sono pochissimi esempi di opere su cui quasi tutti gli amanti del genere concordano nel definirle pietre miliari; pensiamo di poter dire che “Halloween” di John Carpenter (del 1978) è fra questi.

Scritto insieme alla mai abbastanza apprezzata Debra Hill, girato in fretta e furia in venti giorni, con Donald Pleasence che nelle parti del Dr. Loomis era l’unico attore allora abbastanza famoso (accettò la parte dopo i rifiuti di Cristopher Lee e Peter Cushing) e costato appena 300.000 dollari, il film lanciò la carriera di Jamie Lee Curtis (che è andata ben oltre quella di essere la screaming queen più apprezzata di ogni tempo), incassò 70 milioni di dollari e nel 2006 è stato inserito nell’elenco film della famosa Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti d’America.

Il film è il prototipo di ciò che oggi si definisce slasher. Michael Myers è “il male” io l’Uomo Nero che dir si voglia; non si può in alcun modo né redimere né uccidere e perseguita durante un’eterna Notte di Halloween la povera Laurie che continua nonostante tutto a sfuggirgli.
Laurie che si rivelerà poi essere la sua sorellastra in un’epica carrambata nel secondo capitolo (Halloween II, 1981) della timeline originale.

Il mito di Michael Myers è sopravvissuto a tutto quel che è successo dal 1978 a oggi. Dentro, ma soprattutto fuori i suoi film

È sopravvissuto al cambio di regia nel secondo capitolo (ma la sceneggiatura era ancora di Carpenter/Hill per fortuna); è sopravvissuto a un terzo capitolo bistrattato e odiato dai fans inviperiti per la sua assenza ma che in realtà era un ottimo film, ha pagato oltremodo la forzatura di volerlo collegare ai precedenti due successi di botteghino.

È sopravvissuto a un quarto capitolo in cui, con totale sprezzo del ridicolo, si riporta in vita non lui, ma il Dottor Lumis che era saltato in aria insieme a mezzo ospedale nel secondo capitolo (la decenza di mostrare qualche bruciatura almeno ce l’hanno avuta).

È sopravvissuto a un quinto e un sesto capitolo su cui è difficile trovare giudizi che arrivino alla sufficienza; ed è sopravvissuto anche a quello che sarebbe stato un ottimo finale di saga (Halloween – 20 anni dopo, 1998) a una terribile “Resurrezione” che preferiamo consegnare all’oblio della memoria cinematografica e, persino a un remake di Rob Zombie che forse è fra le cose migliori fatte da questo regista (di cui confessiamo di non essere grandi fan, ma di rispettarlo per il suo coraggio visionario).

È anche sopravvissuto ad un numero di imitazioni che, come si suol dire, la metà erano già troppe… certe saghe da esso derivate sono andate davvero ben oltre il numero di sequel tollerabili.

Ed è sopravvissuto ad ogni cambiamento della società e quindi all’inevitabile “invecchiamento”: pochissimi film rivisti quaranta anni dopo ti restituiscono come l’Halloween originale le stesse emozioni della prima volta. Tanto per fare qualche paragone con altri classici, non pensiamo che Nightmare, Venerdì 13 e La casa siano fra questi.

Poi il maestro John Carpenter (di cui tutto si può dire tranne che in questi quarant’anni non abbia sviluppato altri progetti, citiamo in un doveroso tributo: The Fog, La cosa, Essi Vivono, Il signore del male, Starman, Christine, Grosso guaio a Chinatown, 1997 Fuga da New York, Avventure di un uomo invisibile, The Ward, Fantasmi da marte… quasi sempre scrivendone le colonne sonore originali come del resto ha fatto per Halloween per l’appunto) ha deciso di sposare il soggetto di David Gordon Green e ripartire con una nuova timeline che inizia 40 anni dopo il primo capitolo. Ignorando tutto quello che era successo e facendo uscire il nuovo Halloween (senza numeri, o insopportabili sottotitoli) proprio nel 2018.

Tre anni fa il nostro scetticismo era enorme lo confessiamo, ma è durato fino alle prime note della colonna sonora che ci restituiva tutto ciò per cui avevamo amato l’originale. Un film che al contempo è semplice, angosciante, brutale e soprattutto, conturbante perché non ti da mai una risposta sul perché Michael Myers vuole uccidere tutti.

Non hai sfidato maledizione del cimitero indiano, non hai letto il Necronomicon, non sei entrato contro ogni avvertimento in una casa stregata, non hai giocato con la tavoletta ouja, non ci sono alieni cattivi, non hai peccato in una chiesa o in una terra consacrata, non c’è un virus o un qualcosa che risveglia i morti, non ci sono possessioni demoniache, non sono state le radiazioni atomiche e non hai neanche avuto la tua classica wrong turn che da Psycho in poi porta i protagonisti sulla strada sbagliata… eppure Michael Myers vuole ucciderti. Perché?

Halloween racconta fin dove può spingersi il male umano. E questo male si chiama Michael Myers.

Usciti dal cinema nel 2018 applaudendo la pellicola, abbiamo atteso il momento del nuovo sequel e ancora una volta non siamo rimasti. Sempre uguale a se stesso, sempre invincibile, sempre terrificante.

Eppure avvertiamo che questo film (Halloween kills, 2021) David Gordon Green (sempre con la collaborazione del maestro Carpenter) vuole andare oltre e prepara la scena per quello che dovrebbe essere a tutti gli effetti un finale memorabile (Halloween ends, annunciato per il 2022).

La storia riprende dalla casa in fiamme di Laurie dell’ultimo film con lei che supplica i pompieri di non spegnere l’incendio; ma loro non possono sentirla e quindi “salvano” Michael che per ringraziarli li ucciderà subito dopo.
La paura si diffonde, la polizia sembra inutile e gli abitanti di Haddonfield prendono in mano le armi, organizzano ronde e si armano. Laurie è stata lei la prima ad organizzarsi da sola per difendersi da Michael, eppure quando vede tutte quelle persone che cominciano a cacciare selvaggiamente qualunque cosa si avvicini non può che pensare “È il capolavoro di Michael Myers, ci ha trasformati tutti in mostri”.

Tutto ciò che viene dopo, che non spoileriamo, sembra preludere a una svolta. Inserendo in Halloween un messaggio sociale a cui fino ad ora la saga era rimasta quasi immune (anche se conoscendo le altre opere di John Carpenter, e non ci riferiamo solo ad Essi Vivono, alcuni indizi sono facili da notare).

Per questo siamo in attesa del prossimo capitolo, per capire, per l’appunto l’ormai quarantenne Michael Myers cosa vuol diventare da grande, sperando che il tutto non si risolva con la carrambata del 1981… ma questo per fortuna – attenzione spoiler– ce lo dovremo risparmiare visto ciò che si dice proprio in questo capitolo sull’inesistenza dell’ossessione di Michael per Laurie.