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La linea gotica. Anemone Ledger e Miriam Palombi, il futuro dell’horror è garantito

Pubblicato il 28 Feb 2022

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Miriam, il cui nome ci ricorda inevitabilmente un grande classico del cinema gotico, nel ruolo della misteriosa scrittrice di romanzi horror è proprio adatta. Capelli scuri e sguardo misterioso, il suo sorriso che è di quelli che lasciano intuire l’intelligenza e la preparazione della persona che hai davanti, mentre i titoli dei suoi libri ti tolgono qualsiasi dubbio su quale sia il suo genere preferito.

Anemone invece da un’impressione completamente diversa: bionda, occhi celesti e fisico esile quando la incontri in un festival letterario pensi che è lì per fare cosplay nei panni di un’elfa tolkienana. Poi guardi la copertina del suo libro, vedi un volto cinereo da cui sgorga sangue dagli occhi, da tre occhi per l’esattezza e, nella distonia che ti coglie, ti ricordi improvvisamente che l’anemone è un fiore velenoso.

 

Le ossa dei morti” (Miriam Palombi, Dark Zone ed. 2019, 128 pag.) è un romanzo dal ritmo serrato che si fa divorare in poche ore. L’archetipo della casa maledetta è usato dalla scrittrice non come sfondo ma come personaggio principale, le persone che compaiono nella storia vengono fagocitate dalla presenza della casa, e così come nella storia raccontata lasciano poche tracce nei ricordi del lettore.

Ma la cosa è certamente voluta, perché è proprio questo rende particolare il libro che rivisita l’archetipo della “casa maledetta”; non c’è in queste pagine una spiegazione razionale e neanche teologica. Il male, di cui Villa Biolcati è un’emanazione, è reale e cosciente; e altrettanto reali sono i mostri che questo produce nella storia narrata da Miriam. Dare un senso, un perché o un qualsivoglia motivo non è un compito di cui la narratrice si fa carico, lei pensa solo a raccontare la storia. Non cercate quindi la teodicea fra le righe di questo libro, non ce n’è traccia.

Quello che l’autrice racconta e descrive minuziosamente sono i mostri e le loro efferate azioni, “Le ossa dei morti” è infatti uno splatter allo stato puro: ossa che diventano artigli, pelle umana ridotta ad effimero contenitore, corpi irriconoscibili ma la cui descrizione non lascia nulla all’immaginazione. Il tutto mentre le comparse umane che si muovono nella storia di Villa Biolcati si ostinano a cercare un senso a quello che sta succedendo, mentre è evidente che questo, in un mostro deforme che mastica il tuo corpo non può esserci.

“Esattamente come spesso manca il senso alle vostre vite reali”, ci suggerirebbe forse Miriam con quel sorriso di chi la sa lunga.

 

Il sorpasso dell’irrealtà” (Anemone Ledger, Homo Scrivens ed. 2020, 128 pag) è invece una raccolta di nove stralci.
Non di racconti, come tiene a puntualizzare la scrittrice, perché lo stralcio è diverso. È qualcosa espulso da un contesto più ampio, che ci ritroviamo a conoscere senza quel contesto. E così ci sembra incomprensibile, anomalo, irreale per l’appunto.

L’irrealtà per Anemone, come ci svela in uno dei numerosi “extra” contenuti nel libro (una postfazione come prefazione, una prefazione come postfazione, consigli di lettura e una stanza della lettrice) è stata la sua paura dei fantasmi, dei mostri, dei demoni. Esorcizzata proprio grazie alla composizione di questi stralci, ma questa liberazione le ha “permesso” di fare i conti con le paure reali: le guerre, i disastri ambientali e tutto quel “real horror” con cui ci troviamo a fare i conti quotidianamente. Ci sembra di poter dire allora che per Anemone, e non solo per lei, l’irrealtà sia diventata quella comfort zone dello scrittore o del lettore in cui i mostri, per lo meno, sappiamo come affrontarli. Forse.

Se è così quindi ci troviamo legittimati a sperare che dalla comfort zone di Anemone un giorno escano nove romanzi o racconti più lunghi che contestualizzino questi stralci. Insomma speriamo che questi siano solo un ottimo assaggio di quel che ci aspetta.

Attenzione però, non fatevi prendere dalla fretta! Leggeteli, rileggeteli e soffermatevi sui dettagli; troverete tensione, inquietudine e mostri. Mostri sotto al letto, mostri nell’ascensore, o mostri che chiedono aiuto per non essere più tali. Ci vuole un grande talento per scrivere di irrealtà; per descrivere il non sense di un vortice di pensieri, o per narrare una storia in disperate epistole imploranti risposte che non possono arrivare, o in cui visioni oniriche e terrificanti si alternano senza sosta.

Personalmente “Il sorpasso dell’irrealtà” ci ha ricordato alcune scene dei film di David Lynch in cui vorresti tanto capire di più ma, nel contempo, hai paura di quel che potresti capire. Un po’ come quando guardi un bel fiore che sai non devi toccare.

L’anemone, per l’appunto.