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Kick it in – Danimarca Belgio, o della crudeltà del calcio

Pubblicato il 18 Giu 2021

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“Il calcio ha significato troppo per me e continua a significare troppe cose, dopo un po’ ti si mescola tutto in testa e non riesci più a capire se la vita è una merda perché l’Arsenal fa schifo o viceversa. Sono andato a vedere troppe partite, ho speso troppi soldi, mi sono incazzato per l’Arsenal quando avrei dovuto incazzarmi per altre cose, ho preteso troppo dalla gente che amo. Ok va bene tutto, ma non lo so, forse è qualcosa che non puoi capire se non ci sei dentro… Come fai a capire quando mancano tre minuti alla fine e stai 2-1 in una semifinale e ti guardi intorno e vedi tutte quelle facce, migliaia di facce stravolte, tirate per la paura, la speranza, la tensione, tutti completamente persi senza nient’altro nella testa  poi il fischio dell’arbitro e tutti che impazziscono e in quei minuti che seguono tu sei al centro del mondo e il fatto che per te è così importante, che il casino che hai fatto è stato un elemento cruciale in tutto questo, rende la cosa speciale perché sei stato decisivo come e quanto i giocatori e se tu non ci fossi stato a chi fregherebbe niente del calcio e la cosa stupenda è che tutto questo si ripete continuamente. C’è sempre un’altra stagione. Se perdi la finale di Coppa in maggio puoi sempre aspettare il terzo turno in gennaio e che male c’è in questo? Anzi è piuttosto confortante se ci pensi…”


Dal film: Febbre a 90° – monologo di Colin Firth aka Paul Ashworth

La follia lucida di un tifoso di calcio è ottimamente condensata in questo monologo contenuto nel film tratto dall’omonimo best seller di Nick Hornby.
In quel film Paul è un tifoso accanito dell’Arsenal e la storia finisce con il trionfo della sua squadra, l’Arsenal che va a sconfiggere il Liverpool  a Liverpool; con un improbabile due a zero, risultato che era proprio il minimo che serviva all’Arsenal per diventare campione d’Inghilterra.

Il delirio che ne segue nel quartiere londinese dei tifosi dell’Arsenal è il preludio alla riconciliazione di Paul con la sua compagna Sarah con cui aveva litigato proprio per l’incapacità di questa di capire la sua passione per i gunners e il calcio in generale.

Quella stagione della Premier league (allora in realtà si chiamava First Division) fu davvero emozionante, con il dominio dell’Arsenal prima che vedeva realizzarsi il sogno di rivincere lo scudetto dopo 16 anni che sembrava sfumare a causa della rimonta del terribile Liverpool (squadra che aveva vinto 9 degli ultimi dodici scudetti inglesi). Ma in quella stessa stagione avvenne la strage di Sheffield in cui 96 tifosi del Liverpool persero la vita nello stadio di Hillsborough a causa della gestione assurda dei flussi e dei ritardi nei soccorsi.

Ora pensate a un accanito tifoso dei Reds che nell’Aprile 1989 ha visto quella tragedia compiersi sotto i suoi occhi, in quel maggio pensa che il “recupero” in campionato e il seguente scudetto sia una sorta di compensazione di tutto quello che è successo, e pensate ora cosa vuol dire, per lui, un Paul Ashworth di Liverpool, vedersi sfumare quello scudetto per un gol a 30 secondi dalla fine del campionato.

No, le spiegazioni razionali non sono sufficienti neanche per un tifoso del Liverpool che di scudetti ne ha vinti 9 sugli ultimi 12 a capire cosa ti possa spingere l’anno successivo a tornare allo stadio, reindossare quelle sciarpe e continuare a tifare come se nulla fosse accaduto.

Di  storie sportivamente drammatiche come queste ce ne sono in tutti i team del mondo, dalla Juventus alla Ternana dal Barcellona all’Ipswich Town, eppure l’anno successivo tutto ricomincia e in qualche modo è confortante.

Penso che i tifosi danesi abbiano provato una sensazione analoga ieri pomeriggio.

Provatevi a mettere nei loro panni, venivano da una partita persa con la Finlandia a causa dello shock-Eriksen (partita persa sbagliando un rigore nei minuti finali fra l’altro). Vi trovate con il Belgio, uno degli squadroni predestinati alla vittoria finale, a giocarvi le speranze di qualificazione. Ma la Danimarca si presenta in campo azzeccando ogni mossa e giocando a mille all’ora. Per 45 minuti il Belgio non tocca palla, viene annichilito dalla maggiore velocità e reattività dei danesi che vanno in vantaggio subito ma poi non riescono a raddoppiare.
Poi l’allenatore Martinez manda in campo de Bruyne ed E. Hazard che aveva tenuto in panchina forse sottovalutando la partita, Lukaku comincia a tener palla come sa e… azione a tre tocchi rapidi: pareggio. Dopo cinque minuti un’altra azione fatta con numerosi tocchi “di prima” consecutivi e la la palla è ancora alle spalle di Schmeichel. Partita ribaltata.
Le statistiche in quel momento dicono: tiri in porta, Danimarca 17 Belgio 4.
Il risultato dice: Danimarca 1 Belgio 2.
Ma non finisce qui. La Danimarca butta il cuore oltre l’ostacolo corre ancora più dei belgi che sembrano essere lì quasi per caso, fai a fette la difesa degli avversari che non è certo illoro punto di forza, un’altra azione meravigliosa cross al centro e Braithwaite, il migliore in campo, si tuffa impattando perfettamente la palla e… bonk! Il pallone prende l’incrocio dei pali e va sul fondo.

…e tutti quei momenti andranno persi come lacrime nella pioggia. 

Tristi narrazioni a parte, la Danimarca in realtà ha ancora una flebile speranza di classificarsi se riuscirà a battere con un discreto numero di gol la Russia, che l’altro ieri ha vinto sulla Finlandia quasi per caso. Ma ci sembra difficile che la squadra russa continui a dormire se non vuol incombere nelle ire di Putin!

L’Olanda continua a vincere senza convincere, e la sua stella Depay avrà pur trovato il gol su rigore e fatto un assist decisivo, ma ci sembra che nessuno l’abbia informato che il campionato Europeo sia iniziato.  Gli orange si reggono su Wijnaldum, De Jong e un’ottima difesa.

Oggi saggeremo le reali consistenze di Inghilterra, Svezia e Croazia per poi attendere il big match Portogallo Germania di domani!
Suggeriamo una scommessa ardita giocando un pareggio su quest’ultima partita unito alle vittorie di Croazia e Svezia e aggiungiamo anche un sorprendente X fra Inghilterra e Scozia… perché gli highlander sanno sempre sorprendere.