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Aspettando la fine del mondo. Venti(due) di guerra

Pubblicato il 24 Feb 2022

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Sono un boomer disincantato e cinico, e sinceramente mi resta difficile vivere con la stessa emotività di qualche anno fa le manifestazioni pacifiste che prevedibilmente e giustamente si susseguiranno. Ci andrò, ovviamente. Ci mancherebbe altro.
Ma sono ormai consapevole che molti presenti, che magari faranno finta di prendersi in carico le ragioni pacifiste, di tutto questo non “gliene po’ frega de meno”, tanto per usare un francesismo.
Chi piange oggi per i civili di Kiev non piangeva ieri per quelli di Belgrado, e chi piangeva per quelli di Sarajevo non ha mai pianto per quelli di Bagdad e Kandahar.
Per ogni evento ci sono mille pesi e un milione di misure diverse. Donbass, Kosovo, Paesi Baschi, Macedonia, Cecenia, Taiwan, Gaza, Siria, Kurdistan. O, perché no, ricordiamo anche Afghanistan, Iraq, Cile, Libia, Egitto, Argentina, Nicaragua, Grecia, Cuba, Panama, Somalia.
Ogni volta “e ma però quella è un’altra cosa”, “e ma Saddam ha le armi di distruzione di massa”, “eh ma allora l’11 settembre?” “E i morti nella metropolitana di mosca?” “E il Bataclan?”.
Da una parte e dall’altra, sempre e comunque, motivi per cui comunque intervenire o non intervenire, usare la diplomazia in Tibet e il fosforo a Falluja, trovano sempre una giustificazione.
Se il problema di base è sempre lo stesso, ovvero l’imperialismo degli stati potenti (Russia, Usa, UK, Europa, Giappone, Cina e chi più ne ha più ne metta), il problema “non detto” (il classico elefante nella stanza) è che ogni giorno facciamo finta di non sapere.
Facciamo finta di non sapere che vivere al di sopra delle possibilità ha un costo, facciamo finta di non sapere che l’ingegneria italiana (non solo quella ovviamente) lavora quasi esclusivamente per l’esercito, anci per tutti gli eserciti mondiali secondo l’aureo principio “arabi, musulmani, comunisti, ebrei, alieni chissenefrega chi sono se fanno vedere il cash”, facciamo finta di non sapere che una volta prodotte le armi vanno usate, facciamo finta di non sapere che la finanza completamente slegata dall’economia e con scambi gestiti al 50% (forse di più ormai) da algoritmi che spostano inesistenti capitali fittizi, hanno bisogno periodicamente di crolli della borsa per far guadagnare i pochi fottendo i molti coglioni che pensano di svoltare investendo qualche migliaio di euro in criptovalute, che lo stesso sistema capitalista si basa sulla ciclicità di crolli economici, disastri e guerre, e infine che sì è anche colpa nostra che ci incazziamo e scendiamo in piazza perché aumenta il gasolio e la benzina quando sono vent’anni che non dovevamo più consumare gasolio e benzina.
Quindi sì certo, ci starò come sempre in piazza “contro tutte le guerre” come faccio da trent’anni. Però voi altri che fate le classifiche di chi è democratico e chi no, di chi ha la colpa e chi no, che vedete Putin come salvatore o che vedete il Dollaro come religione, che avete votato il rifinanziamento delle missioni di guerra all’estero, che avete pensato che le provette di Powell e Blair contenessero l’antrace di Saddam, che volete spiegare perché qui ci siete e domani quando altri attaccheranno altri stati no, fatevi un grosso piacere… risparmiate parole inutili, che le abbiamo già sentite.
“E se vi difenderete non fatelo nel mio nome, che non avete mai chiesto la mia autorizzazione”.