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ASPETTANDO LA FINE DEL MONDO. Resilienza esaurita, resistere perché?

Pubblicato il 6 Nov 2019

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La resilienza si definisce come la capacità di un sistema di assorbire l’evento che modifica il suo equilibrio e di ripristinare velocemente le sue funzioni come se non fosse successo nulla. Traduzione pratica: prendi una “botta” e dopo un tempo che più è breve se più è alta la tua resilienza, continui a vivere come prima.

Va bene, vi svelo un segreto: la resilienza non esiste, o esiste solo in teoria. Forse nessun sistema esistente, chimico o biologico che sia (e meno che mai poi quando è coinvolta la materia senziente), se non per modificazioni veramente piccole al livello dell’infinitesimo omeopatico, è in grado di continuare a vivere esattamente come se la “botta” non fosse avvenuta.

Esempio: sistema semplice. Soluzione tampone del pH (non spaventatevi è Chimica di base del primo o del secondo anno di liceo). La soluzione acquosa formata da due sali con effetto tampone, consentono alla soluzione acquosa di rimanere a un pH praticamente costante nonostante l’aggiunta di alcune quantità di acidi  o basi che avrebbero fatto variare il pH molto di più se si fosse trattato di soluzioni semplici.

Ma in realtà la variazione di pH ad ogni aggiunta è sì “praticamente zero”… ma solo per approssimazione; la variazione c’è stata. Magari di 0,0001 unità di pH invece che di 1 unità di pH come avrebbe dovuto essere se la soluzione senza la presenza del sistema tampone. Ma c’è stata.
La somma di tutte quelle piccole variazioni portano alla fine del potere tampone dei sali e quindi, alla successiva aggiunta di acidi o base precipitazioni o impennate ripide dei valori di questo.

Perciò ve lo dico chiaramente, voi sistemi complessi, umani od olobionti che dir si voglia, toglietevi dalla testa di cancellare le botte dalla vostra vita perché prendete di essere “resilienti”. Quello che farete è arrivare ad un nuovo equilibrio con il quale andrete avanti sperando di non arrivare mai ai limite della vostra resistenza (= potere tampone).
Forse un motore meccanico, senza implicazioni “vitali” potrebbe avere una resilienza apprezzabile nei primi anni di lavoro. Non certo noi, sistemi complessi viventi.

Quindi perché parlare di resilienza invece che più propriamente di RESISTENZA?

Mode? Vizi radical chic? Neo lingue orwelliane? Non lo so.

Ad ogni modo, usiamo  questo termine e applichiamolo alla nostra vita.  Cresciuti con la convinzione che:
– bisogna stare dalla parte dei buoni perché di stronzi ce ne sono già troppi in giro;
– convinti che “studia bene e avrai un buon lavoro”;
– “lavora bene e avrai un buono stipendio”;
– “si onesto perché i furbi alla fine la pagano”;
fossero universali, da tempo abbiamo scoperto che questo nostro paese non fa parte di quell’universo.
L’Itaglia degli itaglioti è un caso a parte, da sempre. Un paese dove già in tenera età scopri di DC9 che implodono su se stessi nei cieli di Ustica, che i camorristi festeggiano le nozze dentro l’Ucciardone, che i politici hanno spartito mazzette e tangenti in quantità industriale.
Va bene, te ne fai una ragione, abbozzi… anzi “resili” e vai avanti. Giungi ad un nuovo equilibrio e dici, è un paese da cambiare.

Poi scopri che la tua laurea non vale niente, che la devi nascondere per trovar lavoro al call center, che lo stipendio che ti danno ti basta solo per vivere con i tuoi e intanto gli incompetenti diventano ministri e parlano di tunnel di neutrini, che se vivessi a Bruxelles o a Londra ti ricoprirebbero d’oro, che ti stanno fottendo anche la tua pensione e lo abbiamo già capito o non l’avremo mai o non ci faremo nulla.
Che fai? Resili! Ti incazzi come un alligatore a cui hanno portato via la preda ma resili. In fin dei conti, dici: ci sono festival culturali, cinema, associazioni c’è tanta bella gente non ci possono ignorare per  sempre in questo paese di merda.

Poi scopri che i boss mafiosi fanno i funerali in piazza S. Giovanni con gli elicotteri che gli buttano i petali di rosa, poi arriva un cialtrone che dice che è tutta colpa dei migranti che vengono qua per rubare il tuo lavoro (ma quale?), vedi i politici che hai votato che non solo non sanno cosa rispondergli ma quasi quasi sono d’accordo con lui, ed ancora vedi che, come già successo quasi cento anni fa, la gente gli crede pure. Come credeva allora  che il problema fossero gli ebrei, oggi credono che il problema sono gli immigrati. Poi leggi i giornali che ti dicono: “ma no quale fascismo, sono cose folkloristiche… oggi il fascismo non può tornare”. E  tu che fai? Resili! Sei incazzato al livello del Magnotta quando si voleva iscrivere ai terroristi ma dici: cazzo… è solo un fottutissimo momento storico di merda per questo paese di merda.

Poi un giorno ti arriva la notizia che di per sé è di certo minore a tante botte che pensi di aver assorbito… ma, tanto  per fare un esempio più che abusato è la classica goccia che fa traboccare il vaso. La pecora elettrica, libreria di Roma che evidentemente da fastidio per il suo lavoro culturale, va a fuoco per la seconda volta in pochi mesi dopo tutta la gara di solidarietà che c’era stata per farla riaprire. A pochi giorni dalla riapertura.

Ti accorgi, per l’appunto, che la famosa resilienza non esiste. Noi stiamo solo spostando il nostro limite di tolleranza giorno per giorno e ci abituiamo a vivere, nei nostri nuovi equilibri quotidiani, in un paese che fa sempre più schifo. Da sempre noi R-ESISTIAMO.
Ma adesso, dopo la famosa goccia, la domanda ritorna sempre più pressante.  Perché resistiamo?

No. Le mie risposte non ve le do e le vostre non le voglio sapere. Ognuno ha le sue.
Posso solo dire che le mie mi soddisfano sempre meno e dato che la stoffa del Joker non ce l’ho, forse è ora di fare davvero due conti.