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Cento canzoni di cui parlare: “L’avvelenata”

Pubblicato il 1 Mag 2019

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Francesco Guccini può anche aver cambiato idea su questa canzone e aver fatto pace con il Bertoncelli. Ma che sia chiaro, questa canzone aveva ragione ed ha ancora ragione su tutto.

Se io avessi previsto tutto questo…” è lo storico incipit del sommo cantautore e poeta pavanese-modenese-bolognese sulla cui grandezza si può solo discutere se sia i Bob Dylan italiano o non sia piuttosto Bob Dylan ad essere il Francesco Guccini americano. L’incipit fa pensare (così come quasi tutta la canzone)  che se uno avesse previsto tutto “questo” avrebbe evitato di far tante lotte tante battaglia, si sarebbe risparmiato tante incazzature.
…Dati causa e pretesto, le attuali conclusioni/ Credete che per questi quattro soldi/ Questa gloria da stronzi/ Avrei scritto canzoni?” Sul cosa sia il “questo” non dovete limitarvi alle incazzature gucciniane, ci potete mettere di mezzo tutto. Le delusioni degli amici, i compagni che diventano camerati, gli amici con cui vi facevate le canne che votano le ronde di Salvini e Casa Pound eccetera eccetera.

“Giovane e ingenuo io ho perso la testa/ Sian stati i libri o il mio provincialismo/ E un cazzo in culo e accuse d’arrivismo/Dubbi di qualunquismo son quello che mi resta”
E dai, si un po’ di qualunquismo ci vuole ogni tanto. Del resto è uno sfogo no? e allora… un vaffanculo ogni tanto, al compagno idiota che ti fa rivalutare le purghe staliniane, alla ribelle del libero pensiero (ma soprattutto della libertà dal pensare)  che d’improvviso ti fa scoprire di aver sottovalutato la censura papale, allo snob con la puzza sotto il naso che critica ogni canzone che ti fa rivalutare anche sanremo.

Io tutto, io niente, io stronzo e io ubriacone/ Io poeta, io buffone, io anarchico, io fascista / Io ricco, io senza soldi, io radicale / Io diverso ed io uguale, negro, ebreo, comunista / Io frocio, io perché canto so imbarcare/ Io falso, io vero, io genio, io cretino / Io solo qui alle quattro del mattino /L’angoscia e un po’ di vino, voglia di bestemmiare”
Ecco il punto: le quattro del mattino. Per chi ci mette la faccia, per chi si fa carico di un certo tipo di dovere sociale, per chi pensa sempre “ma se non lo faccio io chi lo fa'” arrivano sempre “le quattro del mattino”. Perché puntualmente, dopo i primi consensi è consuetudini sentirsi accusati nei modi più meschini non solo dagli “avversari” ma anche da chi si fingeva amico “…giurando che per te davano un braccio/ Parlavano di stile di impegno e di valori/ ma non appena hai smesso di essere utile per loro/ eran già lontani la lingua avvicinata a un altro culo”.
Come dite? Questo non è un verso dell’avvelenata? Avete perfettamente ragione, infatti è Ligabue (non a caso un caro amico di Guccini) che ha ripreso la sua incazzatura nel pezzo “Caro il mio Francesco”. Ecco anche Liga è uno che di queste cose ne sa. “Caro il mio Francesco abbiamo tanti privilegi/ ma fra questi certo non rientrano gli sfregi/ di chi vuole parlare andando solo a braccio
di cose di cui non capisce un cazzo“. Perché l’invidia nel nostro paese è sempre tanta, e allora si può essere rocker buoni solo se si è sfigati  e i dischi non si vendono, perché poi se si ha il grave torto di fare centro e sfondare l’indifferenza della gente, poi piovono le critiche e i rancori. Inevitabile. Chiedete se volete una conferma a Roberto Saviano (certo lì da lui il gioco è ancora più duro).

Ma poi dopo lo sfogo, essersi tolti i sassolini dalla scarpa, sputato il rospo, vomitato il vino della notte, cosa succede?
Lo dice Liga: “Caro il mio Francesco è il momento dei saluti/ci avremmo riso sopra se ne avessimo parlato/ lo so che non ha senso starsi a lamentare/ di alcune conseguenze del mestiere/ e so che mi son fatto prendere la mano/ perché uno sfogo fa sbagliare spesso la misura/ ma come ti dicevo son “le quattro del mattino/ l’angoscia e un po’ di vino”/ E allora vado avanti a cantare della vita
sempre e solamente per come io la vedo/ che la morte se la suona e se la canta/ chi non sa soffrire da solo”

Come lo diceva prima di lui il maestro: “Ma se io avessi previsto tutto questo/ Dati causa e pretesto, forse farei lo stesso/ Mi piace far canzoni e bere vino/ Mi piace far casino, poi sono nato fesso/ E quindi tiro avanti e non mi svesto/ Dei panni che son solito portare/ Ho tante cose ancora da raccontare per chi vuole ascoltare/ E a culo tutto il resto”

Ecco, quindi andate pure affanculo, che noi continuiamo a fare il nostro.

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Le altre canzoni:

Sornione
Velasquez